Zenith "El Primero": la nascita, il salvataggio, la riscoperta

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    La nascita
    Il leggendario "El Primero", così come fu battezzato dai suoi creatori, ha ripagato, con il successo ottenuto, lo sforzo che aveva portato alla sua nascita nel 1969.
    Il meccanismo è un incredibile esempio di longevità orologiera, e in questi quarant’anni di vita ha mosso le lancette di numerosi modelli della vasta collezione firmata Zenith, equipaggiando, a dire il vero, anche quelli di altre Case prestigiose.

    fabbrica

    Ritornando a quei giorni di oltre quarant’anni fa, i tecnici i della Zenith, già nel 1962 avevano iniziato studi, progettazioni e ricerche per realizzare un movimento cronografico integrato con ruota a colonna, ricarica automatica con rotore centrale e data; esso, inizialmente, doveva essere realizzato per il centenario della Maison del 1965.

    Le ditte concorrenti, costituenti il “team Chronomatic”, Breitling, Hamilton-Büren, Heuer e Dubois-Depraz, avevano optato, invece, per un cronografo modulare con smistamento a navetta. E’ curioso ricordare che, durante la realizzazione di questo progetto, agli addetti delle Aziende partecipanti fu proibito il pronunciare la frase: “ cronografo automatico”; J. Heuer ricorda che suo padre, che aveva prestato servizio come Generale di Brigata nell'esercito svizzero, aveva insistito che il progetto Chronomatic avesse un nome in codice: il progetto fu, quindi, segretamente conosciuto, all’interno del consorzio, come “Progetto 99”.

    Zenith aveva assorbito la Martel Watch Company, fondata nel 1911 nella cittadina di Les Ponts-de-Martel, fin dal 1960 e la tecnologia e le conoscenze tecniche di questa Azienda, specializzata nella produzione di cronografi (i calibri Zenith 146 and 156, rispettivamente da 14 e 15 linee erano prodotti sulla base di calibri forniti dalla Martel) furono certamente importanti nello sviluppo del nuovo movimento. Ed sarà proprio nelle antiche officine della Martel Watch che verranno successivamente prodotti i calibri de “El Primero”.
    La Zenith scelse di conservare la ruota a colonna in un movimento cronografico mentre la maggior parte degli altri marchi aveva già abbandonato tale sistema.
    Anche allora, come oggi, la tecnologia con la quale poteva essere prodotto un cronografo era di due tipi: quella con ruota a colonne e quella a navetta (o a camma).
    Nel tipo con ruota a colonne i tre comandi basilari (partenza, arresto, azzeramento) sono presieduti dalla ruota a colonne, che assolve il proprio compito ruotando, spostando così in vario modo le leve che attivano le varie funzioni del cronografo.
    Nel tipo invece a navetta la centrale di comando è costituita da una piastrina, chiamata appunto navetta, che non ha un movimento rotatorio, ma laterale ed angolare, scivolando avanti ed indietro sul piano sul quale è appoggiata.
    In meccanica i movimenti provocati dalla rotazione di una ruota risultano molto più affidabili di quelli generati da una navetta che espleta la sua azione su dei movimenti composti da slittamento e contemporaneamente da piccole rotazioni angolari che portano le sue piccole protuberanze ad agire su delle leve. Queste protuberanze sono soggette ad usura ma, soprattutto, possono non riuscire, in certe condizioni, a provocare il giusto spostamento delle leve da esse comandate.

    In verità, la ruota a colonne del calibro “El Primero”, centro di comando del cronografo, era stata elaborata secondo un progetto esclusivo della Casa che al posto delle consuete colonne aveva previsto una corona tagliata, particolarmente robusta.

    Infatti è bene precisare che, sebbene il calibro el Pimero venga definito come cronografo automatico ad alta frequenza con "ruota a colonne", quest’ultima è diversa dal tipo tradizionale.
    Nel tipo “tradizionale”, sulla base di rocchetto costituito da una ruota dentata a denti di sega, sono fissate delle colonnine trapezoidali che si innalzano verticalmente da essa e che, con movimento rotatorio, spostano in vario modo delle leve, attivando le varie funzioni del cronografo.
    La illustro qui con una bella foto del calibro JLC 829.

    jlc

    Invece, sulla ruota a colonna del calibro “El Primero”, sulla base del rocchetto a denti di sega, è fissata un’altra ruota che io definirei “a corona”, probabilmente prodotta per stampaggio a freddo dell’acciaio.
    Eccola qui in foto.

    ruota

    Come potete osservare le differenze sono notevoli: è per questo che alcuni appassionati non la considerano una vera ruota a colonna, anche se il funzionamento è identico a quello tradizionale: infatti, mentre nel tipo a camme, la centrale di smistamento delle funzioni cronografiche ha un movimento laterale ed angolare, anche questa ruota “ a corona” del calibro”El Primero” svolge i suo compito ruotando, come nella ruota a colonna “tradizionale”.

    ruota_disegno

    Sebbene non sia possibile appurarlo con certezza, è probabile che l’obiettivo di un calibro funzionante a 36.000 Alt./h non era nelle specifiche tecniche iniziali del progetto e che fu durante la realizzazione dei prototipi che questa idea fu, successivamente, fatta propria dagli ingegneri della Zenith, partendo dai progetti di altre aziende che avevano già sviluppato questa tecnologia.

    Infatti, già diversi marchi avevano condotto test e ricerche per trovare la migliore funzione tra il diametro del calibro ed il più alto numero possibile di alternanze /ora.

    I primi movimenti sperimentali “ad alta frequenza” furono sviluppati da Girard-Perregaux come i calibri GP 31.7 e 32.7, rispettivamente nel 1961 e nel 1965. Questi erano i basati sul calibro 1920 di A. Schild, derivato del calibro AS 1716.

    Favre-Leuba condusse delle prove su questi calibri ad alta frequenza, testanto quattrocento movimenti, altrimenti identici, forniti dalla stessa Girard-Perregaux, comparando duecento movimenti con frequenza di 21.600 Alt/h (3Hz) e duecento movimenti con 36.000 Alt/h (5 HZ): i risultati comparativi dimostrarono la maggior precisione dei movimenti ad alta frequenza, che fu in parte attribuita ad un minor calo nell'ampiezza di oscillazione del bilanciere che si verificava spostando l’orologio dalle posizioni verticali verso le posizioni orizzontali.

    Nel 1966 alla Fiera di Basilea, Girard-Perregaux presentò il primo orologio commercializzato in serie dotato del calibro cronometrico ad alta frequenza 32.A (derivato dal calibro sperimentale 32.7) che fu utilizzato anche nelle competizioni di cronometria che si svolgevano all’epoca (gli orologi con questo movimento erano straordinariamente precisi. Così precisi che, infatti, il 70% dei certificato di cronometro rilasciati nel 1967 dall’Osservatorio di Neuchâtel erano cronometri Girard-Perregaux ad alta frequenza).
    Si trattava di un calibro da 11 ½ ‘“, di 25,6 mm di diametro 5,05 mm di spessore, con data, ma senza regolazione rapida della stessa data. La ridotta riserva di carica, determinata dal maggior dispendio energetico determinato dallo scappamento ad alta frequenza, fu migliorata con il successivo calibro 42 GP, mediante una nuova molla del bariletto di carica, oggetto di brevetto insieme alla regolazione fine della racchetta.

    Anche la Longines nella primavera del 1967, per celebrare il centenario della fondazione della Casa, lanciò la sua versione di orologio automatico ad alta frequenza di 36.000 Alt/h: il movimento, con una riserva di carica di 42 ore, fu catalogato come calibro 430, anche se l’orologio è stato conosciuto comunemente come Ultra-Chron.

    I tecnici della Movado e della Zenith furono ben presto attratti da questi progetti che erano agli inizi, immaginando che questa alta frequenza potesse contrastare la concorrenza degli orologi al quarzo che di lì a poco sarebbero stati immessi sul mercato.

    "...Considerando che, per aumentare la potenza del bilanciere spirale, e quindi per aumentare la precisione con la quale quest’ultimo divide il tempo, bisogna aumentare i fattori dai quali tale potenza dipende, come appunto è la frequenza di oscillazione, e tenendo presente che tale potenza è proporzionale al cubo della frequenza stessa, è intuitivo che se essa viene raddoppiata (come accade passando da 18.000 a 36.000 A/h) il potere di regolazione aumenta di otto volte: di conseguenza aumenta di altrettante volte, almeno teoricamente, la precisione dell’orologio.
    Inoltre, c’è da aggiungere che, sempre raddoppiando la frequenza, si ottiene l’effetto di diminuire, di ben quattro volte le conseguenze dello squilibrio del bilanciere e della spirale, conseguenze deleterie sulla regolarità di marcia dell’orologio nelle varie posizioni: ciò significa, in altre parole, che l’orologio stesso viene quasi ad essere svincolato dalla servitù di dover marciare in una posizione fissa per cavarne buone prestazioni cronometriche. L’orologio diviene così sempre più portabile e preciso in qualsivoglia posizione nello spazio.

    Ma l’aumento della frequenza di oscillazione a 36.000 Alt/h determinò la necessità di risolvere altri gravi problemi.

    Si dovette progettare e costruire una ruota di scappamento con 21 denti, il Clinergic 21, ideata nel 1966 da A. Simon-Vermont per Frabriques d’Assortiments Réunies (FAR), di Le Locle, ora parte del gruppo Swatch, aumentandone le dimensioni rispetto ad una ruota tradizionale a 15 denti senza aumentarne il peso per non incrementare l’inerzia della ruota.
    Si dovette, inoltre, progettare un tipo di ancora abbastanza diversa da quella tradizionale, più piccola e meno spessa di quest’ultima, con bracci rinforzati.
    L’asse dell’ancora dovette essere posizionato esattamente al centro tra l’asse della ruota di scappamento e quello del bilanciere, fatto che non si registra nello scappamento tradizionale a 15 denti.
    L’impegno totale (la quantità di dente che si appoggia sulla leva dell’ancora quando questa è nella sua fase di riposo) dovette passare da 0,15 mm, come si registra in uno scappamento normale, ad un valore addirittura dimezzato, vale a dire a 6/7 centesimi di millimetro.
    Infine, a causa dell’alta frequenza del calibro e dell’eccezionali forze centrifughe che ne derivavano, la lubrificazione tradizionale delle parti era impossibile perché i lubrificanti tradizionali si erano dimostrati inadatti, essendo troppo filamentosi per l’alta velocità con la quale avvengono il disimpegno e l’impulso e questi, di conseguenza, ne sarebbero risultati notevolmente rallentati: si decise quindi di passare ad una lubrificazione a secco, con polvere microfine di Bisolfuro di Molibdeno. Questa sostanza minerale, chimicamente e temicamente molto stabile, è costituita da microsfere del diametro di 0,5 micron: interposta tra due elementi che fanno attrito tra di loro, si ha lo stesso effetto che si otterrebbe ponendo tra le due parti dei microscopici cuscinetti a sfere...."
    (con modifiche, da Nicola de' Toma, Orologi, n° 95)

    L’organo regolatore fu equipaggiato con un porta-pitone mobile e con una racchetta di regolazione in due pezzi con regolazione fine con vite eccentrica.
    Il bilanciere in glucidur, montava una spirale autocompensatrice amagnetica Nivarox I; i pivots dell’asse del bilanciere erano protetti dagli urti con il sistema Incabloc.

    spirale

    Poichè l’orologio in fase di progettazione era anche un cronografo, per essere all’avanguardia, doveva poter scandire il decimo di secondo: ed il decimo di secondo è appunto ottenibile solo in orologi il cui bilanciere oscilli con 36.000 Alt/h. Sebbene poi questa possibilità teorica non si traduca realmente in una maggiore utilità pratica nella misurazione della durata di un evento, considerando che il tempo di reazione umano combinato con il tempo necessario per azionare il meccanismo di arresto possono determinare errori nella rilevazione con una risoluzione superiore ad un decimo di secondo, pur tuttavia la superiorità teorica di un movimento a 36.000 Alt/h fu difficile da confutare.

    Infine, la Zenith aveva deciso che tale meccanismo cronografico ad alta frequenza fosse assemblato in nuovo calibro a carica automatica, per essere all’avanguardia e consentire all’Azienda di continuarne la produzione di fronte all’imminente arrivo della tecnologia del quarzo.
    "...Un orologio a ricarica automatica, oltre a non aver bisogno della continua ricarica manuale, ha la possibilità di sfruttare una forza pressoché costante della molla del bariletto nell’arco della giornata. Ciò perché i continui movimenti del braccio mantengono alto lo stato di carica della molla. La molla può, quindi, godere di una forza costante che si trasforma in impulsi di intensità altrettanto costante al bilanciere che, a loro volta, generano nel bilanciere stesso oscillazioni di ampiezza omogenea, caratteristica, questa, irrinunciabile per trarre dall’orologio meccanico buone prestazioni cronometriche...." (icon modifiche, Nicola de' Toma,ibidem)
    Il dispositivo di ricarica automatica disponeva di un rotore ad alta inerzia, ottenuto appesantendo il rotore alla sua periferia con un segmento esterno di carburo di tungsteno ad elevata densità ed una parte centrale fenestrata ed elastica che fungeva da ammortizzatore in caso di urto violento; era montato su sei cuscinetti a sfere e con ricarica funzionante nei suoi due sensi di rotazione: il rotore diventava così sensibile anche ai più piccoli spostamenti del braccio.

    rotore

    L'alta frequenza del complesso bilanciere-spirale facilita certamente, per i motivi che abbiamo indicati all’inizio, il raggiungimento di una ottima precisione, e riduce al meglio eventuali imperfezioni della regolazione e dell’equilibratura del complesso bilanciere-spirale, ma consumando maggior energia, richiede anche una molla del bariletto particolarmente robusta, una buona efficacia del rotore di carica con tutto il suo collegato meccanismo, ma anche una sufficiente attività motoria del braccio tale da garantire la ricarica dell’orologio; probabilmente, sarà per questo che, per alcuni utenti, che svolgono forse una attività più sedentaria, la ricarica de “El Primero” è un po’ pigra, mentre altri, pur non essendo tennisti di professione, non accusano tale problema.

    In ogni caso, la pigrezza della ricarica, unita ad una certa fragilità della ruota a doppio cricco costituita da lamelle d’acciaio dell’invertitore (che anche secondo il parere degli orologiai del Forum, tendono a rompersi con una certa facilità)...

    rolex

    ...fu un altro degli elementi su cui intervenne in maniera decisa la Rolex per adattare il calibro “El Primero” alle specifiche tecniche ed agli standars di produzione della Casa coronata.

    Nonostante i progressivi miglioramenti, il lavoro del progetto fu sospeso più volte, cosìcchè fu necessario attendere fino al dicembre del 1968 prima che la Zenith potesse disporre del suo primo prototipo.
    All’epoca, la Zenith aveva programmato di presentare il suo cronografo automatico nell’Aprile del 1969 alla Fiera di Basilea, ma cominciarono a circolare notizie, che probabilmente ebbero origine all’interno delle piccole aziende che collaboravano per la componentistica del “team Chronomatic”, che il gruppo Breitling, Hamilton-Büren, Heuer e Dubois-Depraz avrebbe presentato il proprio cronografo automatico prima della Fiera di Basilea. Ciò indusse la Zenith a fare un annuncio preventivo del suo movimento cronografico, indicendo una piccola conferenza stampa, riportata solo nei giornali locali e regionali svizzeri, durante la quale fu mostrato un prototipo funzionante del loro cronografo automatico.

    Il nuovo calibro fu denominato 3019 PHC : a questo proposito, è probabile che la sigla PHC stia per: Perpetual [cioè a carica automatica] High-Frequency Calendar; secondo un’altra spiegazione significherebbe: Perpetual Hour [contaore] Calendar; invece, per ciò che riguarda il numero “3019”, questa sigla era ripresa dalla nomenclatura adottata dalla Martel, ove il calibro era prodotto, ed indica:
    le dimensioni in mm (30): infatti esso è un movimento da 13 e ¼ ’” pari a 30 mm e 6,5 mm di altezza;
    la numerazione cronologica dei vari calibri dello stesso diametro (1);
    il tipo di movimento, in questo caso un cronografo (9).
    Così, i calibri della serie 25xx, sono tutti di 25 mm (11,5”’), per cui i primi due numeri sono 25; il terzo numero va da 0 a 7:
    0= senza secondi;
    1= piccoli secondi;
    2= secondi centrali;
    3, 4, 5, 8, 7, 8 =?? :blink:
    9= cronografo. :)

    calibri

    Il calibro “El Primero” fu presentato alla stampa dalla Zenith il 10 Gennaio del 1969.

    credit

    Il calibro con calendario completo e fasi di luna, che di lì a poco sarà prodotto, fu denominato 3019 PHF (F= Full Calendar ): quest’ultimo, sempre di 13 e ¼ “’, altezza di 7,55 mm, conservava lo scatto istantaneo della data, intorno alla mezzanotte, e la correzione ultra-rapida della stessa e vi aggiungeva l’indicazione del giorno e delle fasi lunari, anch’esso con scatto istantaneo, e del mese con scatto semi-istantaneo ( anche il passaggio della data dal 31 all’1 era di tipo semi-istantaneo).
    Il modello in acciaio più conosciuto prendeva il nome di Espada.

    jpg

    A questo proposito dei cronografi Zenith con fasi di luna e calendario completo, se leggete un qualunque articolo, anche recente, relativo al calibro “El Primero” noterete che, parlando delle caratteristiche funzionali dell’orologio, ad un certo punto viene affermato che il cronografo è dotato di scatto istantaneo della data e di correzione ultrarapida della stessa per il tramite della corona.
    Infatti, per i calibri 3019 PHC/400/400Z, lo scatto della data avviene in un solo istante intorno a mezzanotte, minuto più, minuto meno; ed inoltre, tirando verso l’esterno la corona al secondo scatto, è possibile correggere molto rapidamente la data di questo calendario semplice, dal momento che per ogni giro completo di corona la data stessa avanza di tre scatti; da qui, la definizione di correzione ultrarapida della data.

    Tuttavia le cose non vanno allo stesso modo quando abbiamo a che fare con la versione dotata di calendario completo con fasi di luna.

    Per ciò che riguarda quest’ultima funzione, basterà ricordare che, come negli altri moduli per calendario meno raffinati ( ma, in fin dei conti, stiamo parlando di un cronografo con calendario semplice completo e fasi di luna, non di un crono-calendario perpetuo !), esso prevede un disco, con 59 denti, su cui sono diametralmente raffigurate due lune; questo disco è collegato a quello delle ore con uno scatto ogni 24 ore; ciò comporta che l’orologio raffiguri un ciclo lunare pari a 29 giorni e 12 ore, leggermente inferiore al ciclo sinodico lunare che dura 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 2,8 secondi.
    La differenza di 44 minuti e 3 secondi giornalieri tra il ciclo indicato dall’orologio e quello “reale” lunare sinodico comporta, pertanto, ipotizzando il funzionamento continuo dell’orologio, un errore di un giorno ogni 2 anni e mezzo circa ( se non ricordo male), nell’indicazione della corretta posizione della Luna rispetto alla Terra, con la necessità dell’utilizzo del correttore per re-sincronizzare i due cicli.

    Ritornando al calendario completo, il modulo presente sui calibri 3019 PHF/410/410Z , prevede sì lo scatto istantaneo della data e del giorno della settimana, ma non quello del mese, che è invece di tipo semi-istantaneo.

    cslendario

    In ogni caso, la Zenith per sottolineare con maggior forza il concetto di essere stata la prima Azienda a costruire il primo cronografo automatico, chiamò il nuovo orologio "El Primero", il “Primo” in lingua spagnola (e non in esperanto ), anche se questi modelli furono disponibili al pubblico solo nell’ottobre del 1969.
    A questo proposito, è utile ricordare che, sebbene la stessa Zenith sostenga il contrario...:

    “El Primero è stato messo a punto nel 1969 ed è diventato rapidamente uno dei cardini del settore orologiero. Il suo nome indica in esperanto l'universalità a vocazione umanistica ed illustra al meglio la creatività e la raffinatezza della Manifattura ZENITH”,

    ... ed ancora, dal catalogo Zenith del 2014...

    Catalogo_2014_0

    ...la locuzione “El Primero” è in lingua spagnola.
    Infatti, l’aggettivo determinativo italiano “Il” si traduce in esperanto con “La”, mentre il termine esperanto “El” si traduce in italiano con “ da, al di fuori di” in locuzioni indicanti il movimento; l’aggettivo sostantivato italiano “Primo” si traduce in esperanto con “Unua” oppure “Unuo” , a seconda del genere. In conclusione, “Il Primo” si traduce esperanto con “ La Unua” oppure “La Unuo”. La parola esperanto “Primero” potrebbe derivare da “Primo” che significa”numero primo, elemento primario” con l’aggiunta del suffisso “-ero” che indica ”elemento, pezzo”; in conclusione, la locuzione “El Primero” , se fosse esperanto, significherebbe “ (orologio) costituito dal componente dell’elemento primario”… ma, se ci atteniamo al significato storico, ossia al fatto che fu il primo cronografo a carica automatica, comprendiamo bene che si tratta, più semplicemente e più precisamente, di spagnolo.

    In questa interessantissima discussione degli amici del Forum Spagnolo “Relojes Especiales” viene mostrata la pubblicità sull’orologio Zenith “El Primero”, comparsa sul giornale "La Vanguardia Española" del 16-11-1969.

    www.relojes-especiales.com/foros/vi...primero-110053/

    Ricordando che il prototipo presentato in anteprima mondiale il 10 gennaio 1969, probabilmente non aveva il nome “El Primero” sul quadrante…

    www.invenitetfecit.com/modeles/chronographe-date.html

    …sembrerebbe che il nome in lingua spagnola derivi dal fatto che l’orologio fu presentato alla mostra internazionale di orologeria che si tenne a Madrid il 8.03.1969 all'Esposizione degli orologi e gioielli a Madrid la primavera precedente e precisamente il giorno 8 marzo 1969 (ABC del 5 marzo 1969)...

    seposizione_orologi_madrid_8_marzo_1969

    … e poi mantenuto, visto che piaceva, alla Fiera di Basilea del 12 aprile del 1969.

    Ecco la pubblicità…

    zenithelprimerospagnolo

    …ed un particolare della stessa, nella quale si dice che:”… il nome El Primero con il quale Zenith battezzò questo unico e straordinario orologio, è stato scelto perché la prima presentazione internazionale avvenne in Spagna la primavera scorsa".

    nome_primero_a_particolare

    Altra pubblicità....

    nime_primero_30_novembre_69_grande


    ...ed un particolare della stessa.

    nime_primero_30_novembre_69_particolare


    www.relojes-especiales.com/foros/es...he-moon-112681/

    ZENITH_El_Primero_1969

    Zeniith_marzo_1969

    Il progetto concorrente del “team Chronomatic”, fu presentato, invece, il 3 marzo dello stesso anno.

    Sempre nel 1969, il 19 settembre la Zenith divenne membro della Holding Mondia-Zenith-Movado (MZM).

    Zenith_1

    Zenith_2

    Zenith_3

    A questo proposito è bene ricordare che, in questi orologi, le referenze formate da una lettera (A, che sta per acciaio, G che sta per oro [gold]...) seguita da tre o quattro numeri, non vengano stampate nè all'interno, nè tanto meno all'esterno del fondello, dove invece, dovrebbe comparire il numero di serie della cassa, costituito da una sequenza di tre numeri, una lettera e tre numeri (ad esempio 123 G 456).

    Sugli orologi appena più recenti, invece, viene riportato, sull'esterno del fondello, la referenza indicata dal nuovo metodo di classificazione, allora appena introdotto, costituito da un numero di più cifre, inframmezati da punti, dove i primi due numeri indicano il metallo della cassa ed i successivi tre o quattro il tipo di modello (ad esempio, 01.00100.476, dove 01=acciaio e 00100= modello...

    Ma, oramai, la crisi incombeva... :(


    Il salvataggio

    Il 22 maggio 1969, quindi dopo poco più di quattro mesi dalla presentazione del calibro “El Primero”, avvenuta, come già ricordato, il 10 gennaio dello stesso anno, il Centre Electronique Horloger ( CEH) siglò un accordo con 20 dei propri azionisti (associazioni: Chambre Suisse de l’Horlogerie, Federation Horlogere, le Holding Ebauches S A ed ASUAG e fabbricanti: Bulova, Credos, Elgin, Enicar, IWC, Jager-LeCoultre, Longines, Omega, Patek Philippe, Piaget, Rado, Universal) per la commercializzazione di orologi da polso al quarzo animati dal calibro Beta 2.1, poi chiamato per semplicità Beta 21, evoluzione del calibro 2. Le Case si impegnavano ad ordinare complessivamente 6000 esemplari del movimento al costo di 700 CHF.

    Il 25 dicembre 1969 apparve sul mercato il Seiko Quartz Astron, calibro 3500, da 8192 Hz (ricordo che “El Primero” aveva [ed ha] una frequenza di 5 Hz), primo orologio da polso al quarzo prodotto in serie. L'errore massimo garantitoeradi 5 secondi al mese-1 minuto all’anno.

    Nel gennaio 1970, Seiko lancerà il 36SQC, calibro 36000, con frequenza di 16.384 Hz.

    Il 10 aprile 1970, alla fiera di Basilea, 20 Case presentano orologi equipaggiati con il calibro 21: Bulova, Credos, Elgin, Enicar, IWC, Jager-LeCoultre, Longines, Omega, Patek Philippe, Piaget, Rado, Universal, a cui si aggiungno: Cyma, Doxa,Ebel, Borel, Eberhard, Favre-Leuba, Juvenia e Zodiac. Girard-Perregauz presenta il proprio movimento al quarzo, denominato Elcron, sviluppato in collaborazione con la francese Thomson CSF, l’Americana Motorola e Jager –LeCoultre.

    Jean-Pierre de Montmollin, presidente della Zenith fin dal 1949 (in questo periodo, fu realizzata, tra le altre, la produzione del famoso calibro cronometrico 135 e venne progettato e prodotto anche il primo calibro a carica automatica della Manifattura, il calibro 133) aveva cercato in tutti i modi di mantenere l' Impresa a galla, tentando per diversi mesi di raggiungere accordi con JLC, dopo aver già proceduto all’aquisto di Martel Watch nel 1959.
    Era stato lui a lanciare l' idea dell'El Primero e a progettare l' associazione con Movado e Mondia. Ma davanti alla crisi orologiera del 1971, determinata dall' arrivo del quarzo, fu costretto a dimettersi con una lettera commossa.

    Così, nel giugno del 1971 l’americana Zenith Radio Corporation (per ironia della sorte, l’Azienda statunitense, specializzata in tecnologia radio-televisiva, aveva lo stesso nome della Manifattura di Le Locle e ciò ebbe delle conseguenze negative in seguito, come vedremo più avanti) divenne azionista di maggioranza del gruppo Mondia-Zenith-Movado e lo battezzò Zenith Time SA.


    Zenith_radio_corporetion_forum

    Zenith_1973l

    La storia del “El Primero”, che si sarebbe forse interrotta negli anni 70, a seguito della produzione degli orologi al quarzo, continuò, secondo la leggenda, grazie a un tecnico orologiaio della Zenith, Charles Vermot che negli anni ’70 fu l’artefice del salvataggio del famoso calibro dall’iconoclastia elettronica degli americani.

    La rivoluzione elettronica e l’avvento del quarzo avevano indotto l’intero settore a rivedere la sua produzione, ma i cambiamenti stavano portando scompensi a tutta l’economia della regione. L’ordine era, ovunque, di gettare alle ortiche parte della tradizione meccanica e i suoi metodi di fabbricazione, senza curarsi delle implicazioni che questo poteva avere sul piano economico e sociale. Molte fabbriche, in seguito ad una stagnazione che si trascinava dal decennio precedente, chiusero i battenti e un numero impressionante di addetti si trovò senza lavoro.
    Anche alla Zenith lo scossone non fu da meno, con stravolgimenti dal punto di vista logistico e amministrativo, ma i dollari dei nuovi investitori, arrivati nel 1972, sembravano convincere tutti che i profitti sarebbero passati, d’ora in poi, per l’elettronica. La crisi sembrava dovesse essere risolta con l’arrivo massiccio dei capitali americani, ma in realtà il pragmatismo che si portavano dietro peggiorò le cose. La nuova proprietà aveva deciso l’accantonamento della tradizione produttiva e, quindi, l’abbandono di un gioiello come El Primero : infatti, la Direzione della Zenith aveva deciso di rivendere ad una azienda agro-alimentare gli ateliers di Les Pont-de-Martel, dove venivano prodotti fin dal 1969 i calibri de “El Primero”, nelle antiche officine della Martel Watch.

    I suoi elevatissimi contenuti tecnici, la sua perfezione realizzativa, il suo incredibile spessore non interessavano più a nessuno: fare un orologio al quarzo costava di meno e rendeva di più.

    Monsieur Charles Vermot lavorava nel settore dal 1936, e dal l’inizio degli anni ’40 si era specializzato nei cronografi.

    vermot

    L’idea che fosse abbandonata la realizzazione di quel calibro cronografico così perfetto, gli appariva, però, come un’offesa al buon senso, sperando che sarebbero tornati tempi migliori per l’orologeria meccanica.
    In questo contesto, nacque la decisione di copiare, di nascosto e in disobbedienza alle direttive dei vertici della Maison, i progetti, le matrici e gli utensili necessari per la fabbricazione del celebre calibro.
    Decise, allora, di conservare gli elementi che, un giorno, avrebbero permesso di riportarlo in vita semplicemente conservandone la memoria a vantaggi della Maison stessa per il futuro. Rubando alcune ore ai suoi nuovi incarichi, rimanendo oltre il dovuto sul posto di lavoro e accedendo furtivamente agli schedari e ai magazzini della Manifattura, iniziò una sua personale opera di catalogazione e conservazione dei piani e dei progetti utili per la sua costruzione: recensì, etichettò e classificò i vari piani tecnici, molti dei quali riproducendoli a mano; lo stesso fece per le matrici e gli utensili necessari alla fabbricazione. Il difficile fu, però, non tanto reperire il materiale, anche perché, al di là di tutto, gli americani erano completamente disinteressati all’argomento, quanto farlo uscire senza essere scoperto. Decise, allora, di disseminare il "tesoro" nelle soffitte delle diverse sedi del gruppo Zenith, usufruendo dei continui traslochi che, in quei tempi, stavano cambiando il volto logistico della Maison.

    Nel giugno del 1978 gli americani, per 6 milioni di franchi svizzeri, abbandonarono il ponte di comando (con la clausola che la Manifattura svizzera Zenith non avrebbe potuto vendere orologi negli U.S.A e nel Canada con il proprio nome, stante l’omonimia con la Società Zenith Radio Corporation che aveva il marchio già registrato; tale problema è stato risolto completamente solo nel 2001 con un accordo ed il pagamento di royaltes, per un certo periodo di tempo, per ciascun orologio venduto negli U.S.A.) ed il gruppo ritornò nelle mai di investitori svizzeri con Dixi, ditta finanziaria e di costruzioni meccaniche, guidata dagli svizzeri Paul Castella, Michel Manfredini e dall’inglese Michael J.Pannet come azionisti di maggioranza, mentre nel 1984 la Movado fu acquistata dalla North American Watch Co ed il nome Zenith riapparve da solo sui quadranti degli orologi.

    Nel passato, il gruppo Dixi, che era stato fondato verso la fine del 19° secolo nella stessa cittadina di Le Locle dalla Casa manifatturiera Le Phare come Divisione meccanica, si era occupato dello sviluppo e della fabbricazione delle attrezzature per la produzione dei movimenti d’orologi, dando un contributo significativo alla diffusione degli orologi da polso con la creazione di una macchina automatica che garantirà una precisione inedita alla fabbricazione in serie dei movimenti di formato ridotto.

    dixi

    Infatti, Georges-Perreneoud-Jacot, ingegnere della Dixi, nel 1910 aveva brevettato la perforatice automatica, che si diffonderà in tutte le fabbriche d’orologeria: lo strumento, basato sul sistema delle coordinate rettangolari, possedeva due guide di scorrimento ad angolo retto che consentivano di individuare il punto da perforare sulla platina o sui ponti con una precisione mai raggiunta in precedenza.
    Negli anni seguenti, i tecnici della Dixi, compiranno ulteriori progressi grazie alle macchine per la rettifica simultanea dei fori, che permettevano operazioni con tolleranze inferiori al centesimo di millimetro e con gli strumenti a controllo ottico grazie ai quali l’immagine dei pezzi lavorati poteva essere ingrandita fino a 100 volte.
    Tutte queste nuove macchine e tecniche di produzione, contribuiranno in modo decisivo a rendere più intercambiabili i movimenti degli orologi.
    Ma facciamo un passo indietro.
    Ricordo che nel 1911, Favre-Jacot aveva trasformato la sua Azienda in una Società per Azioni (S.A. in francese), associandosi alla Banca Cantonale di Neuchâtel, con cui la Zenith era debitrice, come azionista principale e nominò Direttore Generale suo genero (e nipote) James Favre, che già era dipendente dell’Azienda sin dall’anno 1900.

    La Grande Depressione degli anni 30 non ebbe gravi ripercussioni sulle condizioni finanziarie della Zenith: James Favre Jacot si era ritirato nel 1925 ed era stato sostituito alla guida della Zenith da Ernst Strahm et Fritz Cosandier, mentre la Banca Cantonale di Neuchâtel aveva rilevato la diretta e completa proprietà dell’Azienda, come compenso ai suoi ingenti investimenti finanziari.
    Un cambiamento importante si presentò all'inizio della Seconda Guerra Mondiale, quando il pacchetto azionario, che precedentemente era di proprietà dalla Banca Cantonale, fu venduto a Georges Perrenoud (1885-1952), un fornitore su grande scala di Neuchâtel, che già sedeva nel Consiglio di Amministrazione della Zenith dal 1933.

    perrenoud

    Fra le sue altre Aziende, Perrenoud possedeva anche la ditta denominata Dixi: quest’ultima, durante il conflitto, aveva riconvertito parte della sua produzione tecnica verso strumenti di utilizzo militare come i fusibili ad azione ritardata delle granate, strumenti della cabina di guida degli aerei militari e tachimetri per i carri armati ed i camion.

    dixxxx

    Si disse persino che Le Locle era stata selezionata come obiettivo potenziale per un bombardamento aereo alleato (la Svizzera era neutrale), ma fortunatamente, l'attacco temuto non avvenne mai.

    Perrenoud si è trovò in difficoltà finanziarie dopo la Guerra; inoltre, la Zenith nel 1945 era stata posta nella lista nera dagli Americani come impresa che aveva avuto scambi commerciali con la Germania nazista; sotto la pressione delle autorità politiche, Perrenoud decise, quindi, nel 1948 di vendere La Zenith alla Banca privata Dupasquier-De Montmollin (DUPAMO), la quale non solo, sorprendentemente, mantenne la precedente Amministrazione, ma negli anni successivi, sotto la guida del Direttore Jean-Pierre de Montmollin, ebbe grande successo economico, anche per merito del gran numero di premi e riconoscimenti che la Zenith seppe conquistare in quegli anni nei concorsi di cronometria dell'osservatorio di Neuchâtel mediante nuovi movimenti sviluppati dalla generosa Divisione Ricerca dell’Azienda, molti dei quali come i calibri 135 e 5011 sono ancora oggi ben noti agli appassionati.
    La Banca, inoltre, cercò in più riprese di negoziare una fusione con Jaeger-LeCoultre, Patek Philippe e Omega, ma questi sforzi furono alla fine vani.

    Ritornando alla Ditta Dixi, questa con gli anni, comunque, si era sviluppata come principale succursale della Compagnia ed aveva acquisito sempre maggiore indipendenza, divenendo essa stessa produttrice di orologi, a seguito dell’acquisto della marca d’orologi “Paul Buhrè” nel 1963, seguita dalla “Luxor” nel 1978 e dalla “Zodiac” nel 1979.
    Come conseguenza della partecipazione a questo Gruppo svizzero, che includeva Dixi Mikrotechnik SA, Dixi Maschinenbau SA, Dixi Zylinder Shock Absorption SA e Dixi Werkzeuge SA, la Zenith poteva rimanere indipendente, considerate le ampie disponibilità finanziarie; ma, poichè gli investimenti furono finanziati esclusivamente con i fondi derivanti dai ricavi proprii del Gruppo, solo che ciò che era assolutamente necessario fu realizzato.

    Come vedremo più avanti, quando negli anni 80 si registrò una rinnovata passione per l’orologeria meccanica, si potè dare al nuovo direttore generale la buona notizia: El Primero era salvo.

    La riscoperta

    Nel 1981, Pierre-Alain Blum, nipote del fondatore Eugene Blum ed allora proprietario della Ebel, aveva in proposito di produrre un cronografo meccanico interessante con un calibro esclusivo. Egli trovò quello che stava cercando nella Zenith ed in Charles Vermot.

    Ebel acquistò numerosi esemplari del calibro e nel 1982 lanciò il cronografo Sport Automatique, equipaggiato col calibro ”El Primero”; il successo fu poi riconfermato con la messa in vendita del cronografo con calendario perpetuo (con modulo Dubois-Depraz) nel 1983: in questo modo, il calibro Zenith 3019 fu di nuovo salutato con entusiasmo dagli appassionati di tutto il mondo, spingendo i fabbricanti della Zenith a riconsiderare le cose nel 1985. Dopo le opportune considerazioni, essi decisero, quindi, di far rivivere il calibro nel 1986, potendo largamente disporre dei calibri ancora presenti nei magazzini di deposito.

    ebel

    ebel_bis

    I rappresentanti della Rolex vennero a bussare alla porta della Zenith nel 1987 o forse nel 1988. Rolex intendeva restituire il leggendario cronografo Daytona alla sua fama. Dopo ampie discussioni, le due Aziende si accordarono per una versione completamente modificata del calibro, che avrebbe funzionato con una frequenza di 28.800 Alt/h ed avrebbe soppresso la data.
    Inoltre, la Rolex insistette sul fatto che la qualità delle ébauches dovesse significativamente superare la qualità di quelle presenti nei depositi della Zenith e, per questo motivo, la Zenith, una volta assicuratasi un congruo ordinativo di calibri, non ebbe altra scelta che riprendere la fabbricazione del calibro.

    La Direzione della Zenith si rivolse al Direttore Tecnico Jean-Pierre Gerber per studiare la fattibilità di una rimessa in produzione. Fu allora che Charles Vermot visse uno dei più bei momenti della sua vita e con le lacrime agli occhi per l'emozione, raccontò quanto aveva fatto nel lontano 1975 per fare in modo che il suo “prottetto” potesse nuovamente esser prodotto.

    La collaborazione con Rolex fu una benedizione per Zenith non solo in senso economico: “Furono i nostri migliori educatori” soleva ripetere Marc Roethlisberger, che lavorò per molti anni nella divisione di vendita dello Zenith. “E Charly Vermot salvò la nostra pelle”.

    Per ricompensarlo delle fortune che fecero seguito al sua precedente atto di ribellione, la Zenith regalò a Vermot un viaggio-premio a New-York ed un orologio, naturalmente un cronografo El Primero. “Fu contento con quel poco.” affermava Roethlisberger. “Vermot era un umile orologiaio per quale il benessere del suo datore di lavoro era di capitale importanza”.

    Comunque, la Zenith fornì alcuni tipi del suo calibro ad atri marchi emergenti quali Daniel Roth, Panerai, Parmigiani Concord e Waldan, provvedendo nel contempo a continuare lo sviluppo del calibro ed a migliorare il suo mitico movimento mediante nuove tecnologie di produzione.

    E’ curioso scoprire come la piccola Azienda Waldan abbia, probabilmente, svolto un ruolo di un certo peso nelle vicende che portarono alla riscoperta del calibro “El Primero”.

    Oscar Waldan, proprietario della Maison, già nel 1979 aveva prodotto 100 esemplari di cronografo automatico per il marchio Ulysse Nardin, utilizzando dei calibri 3019 PHC d’epoca, presenti ancora nei depositi della Zenith.

    Aveva inoltre prodotto altri esemplari per Tiffany and Tourneau.

    Questi orologi ebbero un successo di vendita sensazionale e ciò indusse Waldan a registrare i marchi “Waldan International” ed “Ekegren” e ad acquistare, a prezzo di liquidazione, 2000 calibri 3019 PHF per produrre cronografi con i suoi marchi, ritenendo che a causa dell’iniziale, rinato interesse per l’orologeria meccanica, quei cronografi potessero avere un grande potenziale di vendita.

    Come ho già ricordato all’inizio, anche la Ebel, nella persona di Pierre Blum, avvisato da Waldan della presenza nei depositi di un gran numero di calibri Zenith, decise di acquistare i movimenti 3019 HPC, che utilizzerà da lì a poco per i suoi cronografi.

    Inoltre, nel 1983, Waldan ebbe l’idea di aggiungere la funzione di calendario perpetuo a quella di cronografo automatico e su consiglio di Henry Stern, proprietario della Patek Philippe, si rivolse alla Dubois Depraz per far progettare, a proprie spese, un modulo per calendario perpetuo. Tuttavia, il prezzo troppo alto (CHF 150.000 per gli attrezzi e CHF 9.000 per ciascun esemplare di modulo non assemblato) lo fece desistere dall’impresa che, come ho già ricordato, sarà invece portata a termine ancora una volta dalla Ebel cui la Dubois Pepraz offrirà il proprio progetto; la Ebel, così, produrrà il suo crono-calendario perpetuo nel 1983.

    Infine è con ogni probabilità Oscar Waldan il misterioso “ intermédiaire" ( di cui si fa cenno in alcune pagine del celebre divulgatore francese di Storia della Zenith) che nel 1982, nel far visita ad un suo amico, il sig. Kubel Wilsdorf, membro della famiglia allora proprietaria di Rolex, gli mostrò gli orologi che stava commercializzando con il suo marchio e che destarono notevole interesse, tanto da indurlo lasciargli un esemplare come oggetto di studio.

    Il progetto fu poi presentato ai tecnici della Rolex che per si rivolsero alla Zenith per studiare la fattibilità di una ripresa della produzione, anche secondo le specifiche tecniche della Casa coronata, come ho già ricordato in precedenza.

    Il gruppo di Manfredini, di cui Didier Leibundgut fu uno degli animatori, spinse Zenith a rilanciare la produzione di orologi meccanici sempre più perfezionati e a ridurre la produzione di orologi al quarzo che fu definitivamente sospesa nel 1999.

    Negli anni più recenti, la Zenith ha realizzato, nel 1990, un modello cronografico con calendario semplice, in occasione del 125° anniversario della Casa: si trattava di una serie limitata a 500 esemplari in oro, 375 con quadrante bianco (Ref. 30.1250.400) e 125 (Ref. 30.1256.400) con quadrante silver; ed ha prodotto altri due preziosi cronografi, sempre in oro, nel 1991, in occasione della celebrazione dei 700 anni della Confederazione Elvetica: il primo modello, in 900 esemplari, era anch’esso un cronografo con calendario semplice, il secondo (Ref. 30.220.410) era dotato di calendario completo con fasi di luna, limitato a 250 esemplari; in queste occasioni ha leggermente modificato i vecchi calibri 3019 PHC e 3019 PHF, ribattezzandoli, rispettivamente, 40.0 e 41.0..Ricordiamo infatti che in precedenza,, probabilmente a seguito dell’acquisizione della Zenith da parte del Gruppo Dixi, il sistema di denominazioni dei calibri, di derivazione Martel, fu abbandonato a favore di una nuova modalità, costituita da tre cifre, con un punto dopo le prime due; così il calibro. ETA 2892, nelle versioni Zenith, divenne il calibro 49.0 ed il calibro ETA 2671 fu chiamato calibro 48.5. Il movimento El Primero, allo stesso modo, in origine fu denominato calibro 40.0 o 41.0, e questa denominazione fu mantenuta per breve tempo, probabilmente per meno di un anno, intorno al 1987; gli stessi calibri divennero, più tardi, e più semplicemente, 400 e 410.

    125esimo_a


    125esimo_b

    I disegni tecnici del “Primero” vennero interamente digitalizzati e trasferiti su computer per studiare l’automatizzazione di alcune lavorazioni, eseguendole con macchine a controllo numerico: i nuovi calibri, si differenziano per alcuni piccoli miglioramenti la modifica di alcuni componenti degli ingranaggi del datario: cricchi di bloccaggio, scattadata, sistemi di appoggio dei quadranti, ed il ridimensionamento di alcuni diametro dei perni e delle altezze dei pignoni, con il rocchetto dei minuti e la ruota delle ore più alti: in questo modo vi è un maggior spazio tra la lancetta dei secondi cronografici e quella delle ore: lo spazio era aumentato di 21/100 di mm.

    Da una rivista del 1992:

    700esimp

    Al posto dell’Incabloc infine fu utilizzato il sistema antiurto Kif. I due sistemi antiurto sono praticamente molto simili, differenziandosi solo per la molla-lira e per il modo d’innesto delle sue estremità nel castone.

    La diversità si apprezza, invece, in fase di smontaggio, perché nel Kif la molla-lira dopo aver liberato le due estremità di sinistra dall’impegno sotto il castone, può esser sollevata come il coperchio di una valigia e la molla rimane vincolata al cardine.

    Nell’Incabloc, invece, la molla-lira non vi rimane vincolata e può elasticamente sfuggire con il rischio di smarrirla.

    Ecco un bel disegno esplicativo:

    incabloc

    Per ciò che riguarda la capacità d’assorbimento degli urti, i due sistemi sono del tutto identici, senza alcun vantaggio dell’uno rispetto all’altro.

    Ecco un disegno del cal. 3019 con il suo Incaboc:
    400_incabloc_a

    400_incabloc_b

    ed il 410 con il suo Kif:

    410_kif_a

    410_kif_b

    Da ultimo ricordiamo che questi calibri presentano un nuovo perfezionato martello dei secondi e dei minuti: la principale modifica, rispetto alla precedente versione del calibro 3019, è nella regolazione fine della posizione delle due estremità del martello, non più attuata per mezzo di una vite conica, difficile da manovrare con precisione: la camma, ruotando nella cavità ricavata nel martello, durante la taratura, regola l’apertura di un taglio che separa alla base le due estremità del martello relative ai due contatori e quindi una variazione relativa delle due teste di azionamento delle camme a cuore. L’azzeramento di queste ultime, quindi, può essere sincronizzato con una precisione del centesimo di millimetro per ogni scatto della camma di regolazione.

    Qui mi pare si veda bene :)

    differenze_a

    differenze_c

    differenze_d


    Anche il sistema ruota a colonne più rocchetto è stato modificato, per eliminare la preesistente possibilità di rotazione della ruota a colonna in rapporto al suo rocchetto.

    Più precisamente, nel calibro 40.0 (con il punto !) fu modificata la sola ruota a colonne ( o a corona) con l'aggiunta di una brida sopra la ruota a colonne (A2 in figura), adottata per impedire che il cricco che azionava il cronografo si spostasse dalla sua sede non riuscendo più ad agganciare la ruota a colonne stessa; nel calibro 400 ( senza il punto !) fu adottata la nuova ruota a colonna ed il nuovo sistema di regolazione del martello di azzeramento (A3 e B3 in figura), anche se, nei primi esemplari, quest’ultimo può mancare, così come si può osservare proprio nei cronografi Zenith del 125 ° e del 700° anniversario.

    Nella sottostante figura:
    A1 e B1 = ruota a colonna e martello cal. 3019
    A2 e B2 = ruota a colonna e martello cal. 40.0 (con il punto )
    A3 e B3 = ruota a colonna e martello cal. 400 (senza punto )

    ruota_colonna_crichetto

    Un'altra foto più chiara.
    3019_Zenith__1__vert

    Ulteriori perfezionamenti si sono avuti alla fine dell’anno 1998, con l’introduzione dei calibri “Z” (400Z, 405Z, 410Z e 420Z): in questo caso, sono stati leggermente modificati il ponte della cronografia, della forchetta dell’ancora, della ruota dei secondi (da una ruota a 100 denti, con 5 raggi si è passati ad una ruota con 120 denti con sei raggi) ed, infine, della ruota di scappamento (da una ruota con 21 denti ed un pignone con 7 alette si è passati ad una ruota con 20 denti ed un pignone con 8 alette); la ruota di scappamento, inoltre, così modificata, presenta minori difficoltà di realizzazione e allo stesso tempo ha consentito di migliorare la penetrazione delle palette dell’ancora; essa, inoltre, viene realizzata per tranciatura, migliore della precedente tecnica di fresatura.

    calibri_z_e_non_z

    Un altro particolare costruttivo che si è evoluto negli anni è il tipo di tempra cui sono sottoposti i componenti in acciaio, che utilizza il raffreddamento in atmosfera gassosa, anziché in olio, più violento.

    Infine, sono state migliorate anche le rifiniture con una decorazione a “perlage” della platina e dei ponte della cronografia; inoltre, dalla "sabbiatura" presente nel calibro 400 (410) si è passato alla "satinatura con anglage", presente nel calibro 400Z (410Z) e, per inciso anche nel calibro derivato Rolex 4030.


    400_400z_interi

    Si possono paragonare i particolari di questa foto, che si riferiscono al calibro 400 (410) e 400Z (410Z), rispettivamente.

    400_410_Z

    Il 15 novembre 1999 la Zenith, che nei mesi precedenti era stata oggetto di interesse da parte della Samsung, la ben conosciuta industria coreana d’elettronica, la cui offerta di acquisto fu rifiutata, è stata rilevata dal gruppo L.V.M.H, dando origine ad una nuova era, certamente ricca di innovazioni tecnologiche ma anche di ardite scelte stilistiche che, tuttavia, non sempre sono state apprezzate dal Mercato italiano.

    N.B.
    Edizione riveduta e corretta, sulla base delle nuove conoscenze


    riposo_zenith

    Edited by nicola1960 - 26/11/2020, 10:10
     
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    CITAZIONE (nicola1960 @ 25/8/2008, 00:01)
    La nascita
    Il leggendario "El Primero", così come fu battezzato dai suoi creatori, ha ripagato, con il successo ottenuto, lo sforzo che aveva portato alla sua nascita nel 1969.
    Il meccanismo è un incredibile esempio di longevità orologiera, e in questi quarant’anni di vita ha mosso le lancette di numerosi modelli della vasta collezione firmata Zenith, equipaggiando, a dire il vero, anche quelli di altre Case prestigiose.

    image

    Ritornando a quei giorni di oltre quarant’anni fa, i tecnici i della Zenith, già nel 1962 avevano iniziato studi, progettazioni e ricerche per realizzare un movimento cronografico integrato con ruota a colonna, ricarica automatica con rotore centrale e data; esso, inizialmente, doveva essere realizzato per il centenario della Maison del 1965.

    Le ditte concorrenti, costituenti il “team Chronomatic”, Breitling, Hamilton-Büren, Heuer e Dubois-Depraz, avevano optato, invece, per un cronografo modulare con smistamento a navetta. E’ curioso ricordare che, durante la realizzazione di questo progetto, agli addetti delle Aziende partecipanti fu proibito il pronunciare la frase: “ cronografo automatico”; J. Heuer ricorda che suo padre, che aveva prestato servizio come Generale di Brigata nell'esercito svizzero, aveva insistito che il progetto Chronomatic avesse un nome in codice: il progetto fu, quindi, segretamente conosciuto, all’interno del consorzio, come “Progetto 99”.

    Zenith aveva assorbito la Martel Watch Company, fondata nel 1911 nella cittadina di Les Ponts-de-Martel, fin dal 1960 e la tecnologia e le conoscenze tecniche di questa Azienda, specializzata nella produzione di cronografi (i calibri Zenith 146 and 156, rispettivamente da 14 e 15 linee erano prodotti sulla base di calibri forniti dalla Martel) furono certamente importanti nello sviluppo del nuovo movimento. Ed sarà proprio nelle antiche officine della Martel Watch che verranno successivamente prodotti i calibri de “El Primero”.
    La Zenith scelse di conservare la ruota a colonna in un movimento cronografico mentre la maggior parte degli altri marchi aveva già abbandonato tale sistema.
    Anche allora, come oggi, la tecnologia con la quale poteva essere prodotto un cronografo era di due tipi: quella con ruota a colonne e quella a navetta (o a camma).
    Nel tipo con ruota a colonne i tre comandi basilari (partenza, arresto, azzeramento) sono presieduti dalla ruota a colonne, che assolve il proprio compito ruotando, spostando così in vario modo le leve che attivano le varie funzioni del cronografo.
    Nel tipo invece a navetta la centrale di comando è costituita da una piastrina, chiamata appunto navetta, che non ha un movimento rotatorio, ma laterale ed angolare, scivolando avanti ed indietro sul piano sul quale è appoggiata.
    In meccanica i movimenti provocati dalla rotazione di una ruota risultano molto più affidabili di quelli generati da una navetta che espleta la sua azione su dei movimenti composti da slittamento e contemporaneamente da piccole rotazioni angolari che portano le sue piccole protuberanze ad agire su delle leve. Queste protuberanze sono soggette ad usura ma, soprattutto, possono non riuscire, in certe condizioni, a provocare il giusto spostamento delle leve da esse comandate.

    In verità, la ruota a colonne del calibro “El Primero”, centro di comando del cronografo, era stata elaborata secondo un progetto esclusivo della Casa che al posto delle consuete colonne aveva previsto una corona tagliata, particolarmente robusta.

    image

    Sebbene non sia possibile appurarlo con certezza, è probabile che l’obiettivo di un calibro funzionante a 36.000 Alt./h non era nelle specifiche tecniche iniziali del progetto e che fu durante la realizzazione dei prototipi che questa idea fu, successivamente, fatta propria dagli ingegneri della Zenith, partendo dai progetti di altre aziende che avevano già sviluppato questa tecnologia.

    Infatti, già diversi marchi avevano condotto test e ricerche per trovare la migliore funzione tra il diametro del calibro ed il più alto numero possibile di alternanze /ora.

    I primi movimenti sperimentali “ad alta frequenza” furono sviluppati da Girard-Perregaux come i calibri GP 31.7 e 32.7, rispettivamente nel 1961 e nel 1965. Questi erano i basati sul calibro 1920 di A. Schild, derivato del calibro AS 1716.

    Favre-Leuba condusse delle prove su questi calibri ad alta frequenza, testanto quattrocento movimenti, altrimenti identici, forniti dalla stessa Girard-Perregaux, comparando duecento movimenti con frequenza di 21.600 Alt/h (3Hz) e duecento movimenti con 36.000 Alt/h (5 HZ): i risultati comparativi dimostrarono la maggior precisione dei movimenti ad alta frequenza, che fu in parte attribuita ad un minor calo nell'ampiezza di oscillazione del bilanciere che si verificava spostando l’orologio dalle posizioni verticali verso le posizioni orizzontali.

    Nel 1966 alla Fiera di Basilea, Girard-Perregaux presentò il primo orologio commercializzato in serie dotato del calibro cronometrico ad alta frequenza 32.A (derivato dal calibro sperimentale 32.7) che fu utilizzato anche nelle competizioni di cronometria che si svolgevano all’epoca (gli orologi con questo movimento erano straordinariamente precisi. Così precisi che, infatti, il 70% dei certificato di cronometro rilasciati nel 1967 dall’Osservatorio di Neuchâtel erano cronometri Girard-Perregaux ad alta frequenza).
    Si trattava di un calibro da 11 ½ ‘“, di 25,6 mm di diametro 5,05 mm di spessore, con data, ma senza regolazione rapida della stessa data. La ridotta riserva di carica, determinata dal maggior dispendio energetico determinato dallo scappamento ad alta frequenza, fu migliorata con il successivo calibro 42 GP, mediante una nuova molla del bariletto di carica, oggetto di brevetto insieme alla regolazione fine della racchetta.

    image

    Anche la Longines nella primavera del 1967, per celebrare il centenario della fondazione della Casa, lanciò la sua versione di orologio automatico ad alta frequenza di 36.000 Alt/h: il movimento, con una riserva di carica di 42 ore, fu catalogato come calibro 430, anche se l’orologio è stato conosciuto comunemente come Ultra-Chron.

    I tecnici della Movado e della Zenith furono ben presto attratti da questi progetti che erano agli inizi, immaginando che questa alta frequenza potesse contrastare la concorrenza degli orologi al quarzo che di lì a poco sarebbero stati immessi sul mercato.

    Considerando che, per aumentare la potenza del bilanciere spirale, e quindi per aumentare la precisione con la quale quest’ultimo divide il tempo, bisogna aumentare i fattori dai quali tale potenza dipende, come appunto è la frequenza di oscillazione, e tenendo presente che tale potenza è proporzionale al cubo della frequenza stessa, è intuitivo che se essa viene raddoppiata (come accade passando da 18.000 a 36.000 A/h) il potere di regolazione aumenta di otto volte: di conseguenza aumenta di altrettante volte, almeno teoricamente, la precisione dell’orologio.
    Inoltre, c’è da aggiungere che, sempre raddoppiando la frequenza, si ottiene l’effetto di diminuire, di ben quattro volte le conseguenze dello squilibrio del bilanciere e della spirale, conseguenze deleterie sulla regolarità di marcia dell’orologio nelle varie posizioni: ciò significa, in altre parole, che l’orologio stesso viene quasi ad essere svincolato dalla servitù di dover marciare in una posizione fissa per cavarne buone prestazioni cronometriche. L’orologio diviene così sempre più portabile e preciso in qualsivoglia posizione nello spazio.

    Ma l’aumento della frequenza di oscillazione a 36.000 Alt/h determinò la necessità di risolvere altri gravi problemi.

    Si dovette progettare e costruire una ruota di scappamento con 21 denti, il Clinergic 21, ideata nel 1966 da A. Simon-Vermont per Frabriques d’Assortiments Réunies (FAR), di Le Locle, ora parte del gruppo Swatch, aumentandone le dimensioni rispetto ad una ruota tradizionale a 15 denti senza aumentarne il peso per non incrementare l’inerzia della ruota.
    Si dovette, inoltre, progettare un tipo di ancora abbastanza diversa da quella tradizionale, più piccola e meno spessa di quest’ultima, con bracci rinforzati.
    L’asse dell’ancora dovette essere posizionato esattamente al centro tra l’asse della ruota di scappamento e quello del bilanciere, fatto che non si registra nello scappamento tradizionale a 15 denti.
    L’impegno totale (la quantità di dente che si appoggia sulla leva dell’ancora quando questa è nella sua fase di riposo) dovette passare da 0,15 mm, come si registra in uno scappamento normale, ad un valore addirittura dimezzato, vale a dire a 6/7 centesimi di millimetro.
    Infine, a causa dell’alta frequenza del calibro e dell’eccezionali forze centrifughe che ne derivavano, la lubrificazione tradizionale delle parti era impossibile perché i lubrificanti tradizionali si erano dimostrati inadatti, essendo troppo filamentosi per l’alta velocità con la quale avvengono il disimpegno e l’impulso e questi, di conseguenza, ne sarebbero risultati notevolmente rallentati: si decise quindi di passare ad una lubrificazione a secco, con polvere microfine di Bisolfuro di Molibdeno. Questa sostanza minerale, chimicamente e temicamente molto stabile, è costituita da microsfere del diametro di 0,5 micron: interposta tra due elementi che fanno attrito tra di loro, si ha lo stesso effetto che si otterrebbe ponendo tra le due parti dei microscopici cuscinetti a sfere.

    L’organo regolatore fu equipaggiato con un porta-pitone mobile e con una racchetta di regolazione in due pezzi con regolazione fine con vite eccentrica.
    Il bilanciere in glucidur, montava una spirale autocompensatrice amagnetica Nivarox I; i pivots dell’asse del bilanciere erano protetti dagli urti con il sistema Incabloc.

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    Poichè l’orologio in fase di progettazione era anche un cronografo, per essere all’avanguardia, doveva poter scandire il decimo di secondo: ed il decimo di secondo è appunto ottenibile solo in orologi il cui bilanciere oscilli con 36.000 Alt/h. Sebbene poi questa possibilità teorica non si traduca realmente in una maggiore utilità pratica nella misurazione della durata di un evento, considerando che il tempo di reazione umano combinato con il tempo necessario per azionare il meccanismo di arresto possono determinare errori nella rilevazione con una risoluzione superiore ad un decimo di secondo, pur tuttavia la superiorità teorica di un movimento a 36.000 Alt/h fu difficile da confutare.

    Infine, la Zenith aveva deciso che tale meccanismo cronografico ad alta frequenza fosse assemblato in nuovo calibro a carica automatica, per essere all’avanguardia e consentire all’Azienda di continuarne la produzione di fronte all’imminente arrivo della tecnologia del quarzo.
    Un orologio a ricarica automatica, oltre a non aver bisogno della continua ricarica manuale, ha la possibilità di sfruttare una forza pressoché costante della molla del bariletto nell’arco della giornata. Ciò perché i continui movimenti del braccio mantengono alto lo stato di carica della molla. La molla può, quindi, godere di una forza costante che si trasforma in impulsi di intensità altrettanto costante al bilanciere che, a loro volta, generano nel bilanciere stesso oscillazioni di ampiezza omogenea, caratteristica, questa, irrinunciabile per trarre dall’orologio meccanico buone prestazioni cronometriche.
    Il dispositivo di ricarica automatica disponeva di un rotore ad alta inerzia, ottenuto appesantendo il rotore alla sua periferia con un segmento esterno di carburo di tungsteno ad elevata densità ed una parte centrale fenestrata ed elastica che fungeva da ammortizzatore in caso di urto violento; era montato su sei cuscinetti a sfere e con ricarica funzionante nei suoi due sensi di rotazione: il rotore diventava così sensibile anche ai più piccoli spostamenti del braccio.

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    Nonostante i progressivi miglioramenti, il lavoro del progetto fu sospeso più volte, cosìcchè fu necessario attendere fino al dicembre del 1968 prima che la Zenith potesse disporre del suo primo prototipo.
    All’epoca, la Zenith aveva programmato di presentare il suo cronografo automatico nell’Aprile del 1969 alla Fiera di Basilea, ma cominciarono a circolare notizie, che probabilmente ebbero origine all’interno delle piccole aziende che collaboravano per la componentistica del “team Chronomatic”, che il gruppo Breitling, Hamilton-Büren, Heuer e Dubois-Depraz avrebbe presentato il proprio cronografo automatico prima della Fiera di Basilea. Ciò indusse la Zenith a fare un annuncio preventivo del suo movimento cronografico, indicendo una piccola conferenza stampa, riportata solo nei giornali locali e regionali svizzeri, durante la quale fu mostrato un prototipo funzionante del loro cronografo automatico.
    Il nuovo calibro 3019 PHC (è probabile, anche se non sicuro, che la sigla PHC stia per: Project High-Frequency Chronograph), da 13 e ¼ ’” pari a 30 mm, 6,5 mm di altezza, fu presentato alla stampa dalla Zenith il 10 Gennaio del 1969; il calibro con calendario completo e fasi di luna, che di lì a poco sarà prodotto, fu denominato 3019 PHF (F= Full Calendar [?]): quest’ultimo, sempre di 13 e ¼ “’, altezza di 7,55 mm, conservava lo scatto istantaneo della data, intorno alla mezzanotte, e la correzione ultra-rapida della stessa e vi aggiungeva l’indicazione del giorno e delle fasi lunari, anch’esso con scatto istantaneo, e del mese con scatto semi-istantaneo ( anche il passaggio della data dal 31 all’1 era di tipo semi-istantaneo).

    In ogni caso, la Zenith per sottolineare con maggior forza il concetto di essere stata la prima Azienda a costruire il primo cronografo automatico, chiamò il nuovo orologio "El Primero", il “Primo” in lingua spagnola, anche se questi modelli furono disponibili al pubblico solo nell’ottobre del 1969.

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    Il progetto concorrente del “team Chronomatic”, fu presentato, invece, il 3 marzo dello stesso anno.

    Sempre nel 1969, il 19 settembre la Zenith divenne membro della Holding Mondia-Zenith-Movado (MZM).

    Ma la crisi incombeva…

    Il salvataggio

    Nel giugno del 1971 l’americana Zenith Radio Corporation (per ironia della sorte, l’Azienda statunitense, specializzata in tecnologia radio-televisiva, aveva lo stesso nome della Manifattura di Le Locle e ciò ebbe delle conseguenze negative in seguito, come vedremo più avanti) divenne azionista di maggioranza del gruppo Mondia-Zenith-Movado e lo battezzò Zenith Time SA.

    La storia del “El Primero”, che si sarebbe forse interrotta negli anni 70, a seguito della produzione degli orologi al quarzo, continuò, secondo la leggenda, grazie a un tecnico orologiaio della Zenith, Charles Vermot che negli anni ’70 fù l’artefice del salvataggio del famoso calibro dall’iconoclastia elettronica degli americani.

    La rivoluzione elettronica e l’avvento del quarzo avevano indotto l’intero settore a rivedere la sua produzione, ma i cambiamenti stavano portando scompensi a tutta l’economia della regione. L’ordine era, ovunque, di gettare alle ortiche parte della tradizione meccanica e i suoi metodi di fabbricazione, senza curarsi delle implicazioni che questo poteva avere sul piano economico e sociale. Molte fabbriche, in seguito ad una stagnazione che si trascinava dal decennio precedente, chiusero i battenti e un numero impressionante di addetti si trovò senza lavoro.
    Anche alla Zenith lo scossone non fu da meno, con stravolgimenti dal punto di vista logistico e amministrativo, ma i dollari dei nuovi investitori, arrivati nel 1972, sembravano convincere tutti che i profitti sarebbero passati, d’ora in poi, per l’elettronica. La crisi sembrava dovesse essere risolta con l’arrivo massiccio dei capitali americani, ma in realtà il pragmatismo che si portavano dietro peggiorò le cose. La nuova proprietà aveva deciso l’accantonamento della tradizione produttiva e, quindi, l’abbandono di un gioiello come El Primero : infatti, la Direzione della Zenith aveva deciso di rivendere ad una azienda agro-alimentare gli ateliers di Les Pont-de-Martel, dove venivano prodotti fin dal 1969 i calibri de “El Primero”, nelle antiche officine della Martel Watch.

    I suoi elevatissimi contenuti tecnici, la sua perfezione realizzativa, il suo incredibile spessore non interessavano più a nessuno: fare un orologio al quarzo costava di meno e rendeva di più.

    Monsieur Charles Vermot lavorava nel settore dal 1936, e dal l’inizio degli anni ’40 si era specializzato nei cronografi.

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    L’idea che fosse abbandonata la realizzazione di quel calibro cronografico così perfetto, gli appariva, però, come un’offesa al buon senso, sperando che sarebbero tornati tempi migliori per l’orologeria meccanica.
    In questo contesto, nacque la decisione di copiare, di nascosto e in disobbedienza alle direttive dei vertici della Maison, i progetti, le matrici e gli utensili necessari per la fabbricazione del celebre calibro.
    Decise, allora, di conservare gli elementi che, un giorno, avrebbero permesso di riportarlo in vita semplicemente conservandone la memoria a vantaggi della Maison stessa per il futuro. Rubando alcune ore ai suoi nuovi incarichi, rimanendo oltre il dovuto sul posto di lavoro e accedendo furtivamente agli schedari e ai magazzini della Manifattura, iniziò una sua personale opera di catalogazione e conservazione dei piani e dei progetti utili per la sua costruzione: recensì, etichettò e classificò i vari piani tecnici, molti dei quali riproducendoli a mano; lo stesso fece per le matrici e gli utensili necessari alla fabbricazione. Il difficile fu, però, non tanto reperire il materiale, anche perché, al di là di tutto, gli americani erano completamente disinteressati all’argomento, quanto farlo uscire senza essere scoperto. Decise, allora, di disseminare il "tesoro" nelle soffitte delle diverse sedi del gruppo Zenith, usufruendo dei continui traslochi che, in quei tempi, stavano cambiando il volto logistico della Maison.

    Nel giugno del 1978 gli americani abbandonarono il ponte di comando (con la clausola che la Manifattura svizzera Zenith non avrebbe potuto vendere orologi negli U.S.A e nel Canada con il proprio nome, stante l’omonimia con la Società Zenith Radio Corporation che aveva il marchio già registrato; tale problema è stato risolto completamente solo nel 2001 con un accordo ed il pagamento di royaltes, per un certo periodo di tempo, per ciascun orologio venduto negli U.S.A.) ed il gruppo ritornò nelle mai di investitori svizzeri con Dixi, ditta finanziaria e di costruzioni meccaniche, guidata dallo svizzero Paul Castella e dall’inglese Michael J.Pannet come azionisti di maggioranza, mentre nel 1984 la Movado fù acquistata dalla North American Watch Co ed il nome Zenith riapparve da solo sui quadranti degli orologi.

    Nel passato, il gruppo Dixi, che era stato fondato verso la fine del 19° secolo nella stessa cittadina di Le Locle dalla Casa manifatturiera Le Phare come Divisione meccanica, si era occupato dello sviluppo e della fabbricazione delle attrezzature per la produzione dei movimenti d’orologi, dando un contributo significativo alla diffusione degli orologi da polso con la creazione di una macchina automatica che garantirà una precisione inedita alla fabbricazione in serie dei movimenti di formato ridotto.
    Infatti, Georges-Perreneoud-Jacot, ingegnere della Dixi, nel 1910 aveva brevettato la perforatice automatica, che si diffonderà in tutte le fabbriche d’orologeria: lo strumento, basato sul sistema delle coordinate rettangolari, possedeva due guide di scorrimento ad angolo retto che consentivano di individuare il punto da perforare sulla platina o sui ponti con una precisione mai raggiunta in precedenza.
    Negli anni seguenti, i tecnici della Dixi, compiranno ulteriori progressi grazie alle macchine per la rettifica simultanea dei fori, che permettevano operazioni con tolleranze inferiori al centesimo di millimetro e con gli strumenti a controllo ottico grazie ai quali l’immagine dei pezzi lavorati poteva essere ingrandita fino a 100 volte.
    Tutte queste nuove macchine e tecniche di produzione, contribuiranno in modo decisivo a rendere più intercambiabili i movimenti degli orologi.

    Con gli anni, comunque, la Dixi si era sviluppata come principale succursale della Compagnia ed aveva acquisito sempre maggiore indipendenza, divenendo essa stessa produttrice di orologi, a seguito dell’acquisto della marca d’orologi “Paul Buhrè” nel 1963, seguita dalla “Luxor” nel 1978 e dalla “Zodiac” nel 1979.
    Come conseguenza della partecipazione a questo Gruppo svizzero, che includeva Dixi Mikrotechnik SA, Dixi Maschinenbau SA, Dixi Zylinder Shock Absorption SA e Dixi Werkzeuge SA, la Zenith poteva rimanere indipendente, considerate le ampie disponibilità finanziarie; ma, poichè gli investimenti furono finanziati esclusivamente con i fondi derivanti dai ricavi proprii del Gruppo, solo che ciò che era assolutamente necessario fu realizzato.

    Come vedremo più avanti, quando negli anni 80 si registrò una rinnovata passione per l’orologeria meccanica, si potè dare al nuovo direttore generale la buona notizia: El Primero era salvo.

    La riscoperta

    Nel 1981, Pierre-Alain Blum, nipote del fondatore Eugene Blum ed allora proprietario della Ebel, aveva in proposito di produrre un cronografo meccanico interessante con un calibro esclusivo. Egli trovò quello che stava cercando nella Zenith ed in Charles Vermot.

    Ebel acquistò numerosi esemplari del calibro e nel 1982 lanciò il cronografo Sport Automatique, equipaggiato col calibro ”El Primero”; il successo fu poi riconfermato con la messa in vendita del cronografo con calendario perpetuo (con modulo Dubois-Depraz) nel 1983: in questo modo, il calibro Zenith 3019 fu di nuovo salutato con entusiasmo dagli appassionati di tutto il mondo, spingendo i fabbricanti della Zenith a riconsiderare le cose nel 1985. Dopo le opportune considerazioni, essi decisero, quindi, di far rivivere il calibro nel 1986, potendo largamente disporre dei calibri ancora presenti nei magazzini di deposito.

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    I rappresentanti della Rolex vennero a bussare alla porta della Zenith nel 1987 o forse nel 1988. Rolex intendeva restituire il leggendario cronografo Daytona alla sua fama. Dopo ampie discussioni, le due Aziende si accordarono per una versione completamente modificata del calibro, che avrebbe funzionato con una frequenza di 28.800 Alt/h ed avrebbe soppresso la data.
    Inoltre, la Rolex insistette sul fatto che la qualità delle ébauches dovesse significativamente superare la qualità di quelle presenti nei depositi della Zenith e, per questo motivo, la Zenith, una volta assicuratasi un congruo ordinativo di calibri, non ebbe altra scelta che riprendere la fabbricazione del calibro.

    La Direzione della Zenith si rivolse al Direttore Tecnico Jean-Pierre Gerber per studiare la fattibilità di una rimessa in produzione. Fù allora che Charles Vermot visse uno dei più bei momenti della sua vita e con le lacrime agli occhi per l'emozione, raccontò quanto aveva fatto nel lontano 1975 per fare in modo che il suo “prottetto” potesse nuovamente esser prodotto.

    La collaborazione con Rolex fu una benedizione per Zenith non solo in senso economico: “Furono i nostri migliori educatori” soleva ripetere Marc Roethlisberger, che lavorò per molti anni nella divisione di vendita dello Zenith. “E Charly Vermot salvò la nostra pelle”.

    Per ricompensarlo delle fortune che fecero seguito al sua precedente atto di ribellione, la Zenith regalò a Vermot un viaggio-premio a New-York ed un orologio, naturalmente un cronografo El Primero. “Fu contento con quel poco.” affermava Roethlisberger. “Vermot era un umile orologiaio per quale il benessere del suo datore di lavoro era di capitale importanza”.

    Comunque, la Zenith fornì alcuni tipi del suo calibro ad atri marchi emergenti quali Daniel Roth, Panerai, Parmigiani e Concord, provvedendo nel contempo a continuare lo sviluppo del calibro ed a migliorare il suo mitico movimento mediante nuove tecnologie di produzione.

    Così, negli anni più recenti, la Zenith ha realizzato, nel 1990, un modello cronografico con calendario semplice, in occasione del 125° anniversario della Casa: si trattava di una serie limitata a 500 esemplari in oro, 375 con quadrante bianco (Ref. 30.1250.400) e 125 (Ref. 30.1256.400) con quadrante silver; ed ha prodotto altri due preziosi cronografi, sempre in oro, nel 1991, in occasione della celebrazione dei 700 anni della Confederazione Elvetica: il primo modello, in 900 esemplari, era anch’esso un cronografo con calendario semplice, il secondo (Ref. 30.220.410) era dotato di calendario completo con fasi di luna, limitato a 250 esemplari; in queste occasioni ha leggermente modificato i vecchi calibri 3019 PHC e 3019 PHF, ribattezzandoli, rispettivamente, 40.0 e 41.0.

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    I disegni tecnici del “Primero” vennero interamente digitalizzati e trasferiti su computer per studiare l’automatizzazione di alcune lavorazioni, eseguendole con macchine a controllo numerico: i nuovi calibri, si differenziano per alcuni piccoli miglioramenti come il sistema antiurto Kif al posto dell’Incabloc, la modifica di alcuni componenti degli ingranaggi del datario: cricchi di bloccaggio, scattadata, sistemi di appoggio dei quadranti, ed, infine, il ridimensionamento di alcuni diametro dei perni e delle altezze dei pignoni, con il rocchetto dei minuti e la ruota delle ore più alti: in questo modo vi è un maggior spazio tra la lancetta dei secondi cronografici e quella delle ore.

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    Ulteriori perfezionamenti si sono avuti alla fine dell’anno 1998, con l’introduzione dei calibri “Z” (400Z, 405Z, 410Z e 420Z): in questo caso, sono stati leggermente modificati il ponte della cronografia, della forchetta dell’ancora, della ruota dei secondi (da una ruota a 100 denti, con 5 raggi si è passati ad una ruota con 120 denti con sei raggi) ed, infine, della ruota di scappamento (da una ruota con 21 denti ed un pignone con 7 alette si è passati ad una ruota con 20 denti ed un pignone con 8 alette); sono state migliorate anche le rifiniture con una decorazione a “perlage” della platina e dei ponte della cronografia.

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    Il 15 novembre 1999 la Zenith, che nei mesi precedenti era stata oggetto di interesse da parte della Samsung, la ben conosciuta industria coreana d’elettronica, la cui offerta di acquisto fu rifiutata, è stata rilevata dal gruppo L.V.M.H, dando origine ad una nuova era, certamente ricca di innovazioni tecnologiche ma anche di ardite scelte stilistiche che, tuttavia, non sempre sono state apprezzate dal Mercato italiano.

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    Bellissimo Articolo; molto dettagliato ed interessante......

    Complimenti


    onlyprecious

     
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    Articolo splendido, grazie Nicola e complimenti ;)
     
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    Nicola, complimenti e grazie! Hai fatto un lavoro magnifico, davvero avvincente la storia di questo glorioso calibro ^_^

    Aggiungo questa pubblicità del 1971.

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    P.S. La carica di "encyclopedic member" non l'hanno ancora inventata? :P
     
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    Nicola,

    complimenti e grazie ! :)
     
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    ...... ottimo lavoro ..... ;)
     
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  8. ermejo2833
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    ...come sempre...
     
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  9. argonath07
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    Grazie, Grazie e ancora Grazie! ;)
     
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  10. fmorologi
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    SPENDIDO !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!........... grazie.....


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  11. fmorologi
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    Fantastico!! :woot: Grazie mille!!
     
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    :o: ....Nicola, raramente si vede spendere del tempo così bene; grazie.
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    CITAZIONE (fmorologi @ 25/8/2008, 13:56)
    400 ^_^

    ......410 Z :)
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    Grazie mille!
    Carlo
     
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