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Lo scoppio della II Guerra Mondiale ebbe conseguenze nefaste per l’intero settore dell’orologeria svizzera e la Eberhard & Co. non tardò a farne le spese. Crollarono i mercati esteri, in particolare quello italiano che per l’Azienda era uno dei principali, ma non per questo si interruppero le attività di ricerca.
Ma gli anni di guerra colpirono l’Azienda non soltanto dal punto di vista economico.
Georges Eberhard, figlio maggiore del fondatore, morì nel 1942 ed il fratello Maurice divenne l’unico proprietario della manifattura. Nello stesso anno chiuse gli occhi per sempre il Capo Officina, monsieur Chatelan, dopo più di trenta anni di una collaborazione che sarebbe riduttivo definire fattiva.
Maurice Eberhard decise di puntare per le esportazioni sui mercati anglosassoni. Una scelta particolarmente indovinata sarà quella di scegliere come direttore commerciale Andrè Wasen.
Nel 1947, l’azienda compiva 60 anni e per l’occasione pubblicò una brochure celebrativa. Ne riportiamo alcuni brani particolarmente istruttivi:
“E’ sorprendente costatare come i rischi delle campagne militari e le migrazioni che ne furono il triste corollario hanno contribuito a diffondere nel mondo intero la qualità dei prodotti Eberhard & Co. Soldati ed emigranti, prigionieri ed internati si sono trasformati in ambasciatori convinti e benevoli di questo marchio che non li ha mai delusi attraverso le peggiori vicissitudini belliche e nei climi più disagiati. La domanda degli orologi è oggi universale, accrescendosi di giorno in giorno fino ad assumere dimensioni assolutamente inimmaginabili. E in questa celerissima ripresa del commercio internazionale, il nostro settore si trova delle notevoli difficoltà data la scarsità delle materie prime. Alla quantità enorme richieste dai paesi svuotati dalla guerra, si aggiunge la domanda più incalzante dei paesi cosiddetti nuovi”.
Alla Eberhard si rimboccarono quindi le maniche e riuscirono più che brillantemente a far fronte alle richieste. Inoltre, la Maison Eberhard & Co. si inserì anche nel mercato degli orologi da donna: la qualità e l'affidabilità dei prodotti firmati Eberhard & Co. si ritrovarono in articoli di gioielleria femminile di lusso.
Agli inizi degli ‘50 Eberhard & Co. presentò il cronografo modello Extra-fort utilizzando il nuovo calibro da 14 linee, con una bella cassa di 38 mm di diametro, pulsanti quadri e fondello con chiusura a pressione; il quadrante, con indici in rilievo, presentava scale tachimetriche in diversa foggia come è possibile osservare in questi cataloghi e pubblicità d’epoca: la scala tachimetrica su base 1000 metri poteva essere, più frequentemente, semplice, fino a 1000 km/h, oppure, più raramente, spiraliforme, con due spire a partire da 30 km/h fino a 120 km/h , ma anche fino a 250 km/h oppure fino a 1000 Km/h.
Pubblicità degli anni ’50. Da notare che sul quadrante dell’orologio rappresentato in figura non è presente la scritta “Extrafort”
Pubblicità del 1951. Da notare che sul quadrante dell’orologio rappresentato in figura non è presente la scritta “Extrafort”. (by Grifone66)
Pubblicità del 1951. (by Grifone66)
Pubblicità degli anni ’50.
Pubblicità degli anni ’50.
Da un catalogo della metà degli anni ’50. (by msx)
Da un catalogo del 1962. I modelli.
Da un catalogo del 1962. I prezzi.
Ecco un esemplare in condizioni eccellenti: da notare le lancette dorate, dauphine larghe, per le ore ed i minuti e le lancette a foglia per i quadrantini, chiusi da una circonferenza, dei secondi continui e dei minuti cronografici. Anche gli indici ed il logo sono dorati, in rilievo. La scala tachimetrica su base 1000 m è quella più frequente, semplice, da 60 a 1000 km/h. La scritta “Extra-fort” è stampata, corsivo.
Una visione d’insieme. (by Daytona978)
Un altro gustoso esemplare (by cipino)
La scritta “Extra-fort” in corsivo. La scritta” Swiss made” ad ore 6.
A maggior risoluzione, sono evidenti le differenze tra le scritte “Extra-fort” di un quadrante originale rispetto ad uno ristampato. (foto del quadrante originale by cipino).
Un bel cronografo con scala tachimetrica spiraliforme fino a 120 km/h. (by vittoriomaria2002)
Un altro esemplare con scala tachimetrica spiraliforme fino a 250 km/h
Da uno dei cataloghi prima illustrati, l’esemplare con scala tachimetrica spiraliforme fino a 1000 km/h
A proposito degli indici di questi quadranti, è doveroso ricordare che, come già esposto in modo eccellente su queste pagine (1), essi erano ottenuti con la tecnica del conio: la parte visibile del quadrante veniva stampata lasciando in rilievo indici, numeri e marchio; questi, quindi, erano parte integrante della piastra metallica di cui era formato il quadrante, e pur avendo margini netti e precisi, presentavano pareti leggermente oblique (in altre parole, gli indici avevano una base tronco-piramidale, con un caratteristico angolo ottuso di “sformatura”, necessario per facilitare il distacco della matrice dello stampo dal quadrante); dopo aver effettuato la verniciatura, indici compresi, dell’intero quadrante, questo veniva sottoposto all’azione di una macchina levigatrice che, con estrema precisione, puliva la superficie superiore degli indici dalla vernice, lasciandone così i lati verniciati (1, 2).
Gli indici in rilievo, di forma troco-piramidale, con il caratteristico angolo di “sformatura”.(by britishsorthair)
Indici in rilievo con i lati verniciati.
E’ evidente che, in questo tipo di quadrante, il lato non visibile non mostrava né i fori né i perni ribattuti degli indici applicati.
La parte non visibile di un quadrante ristampato di un Extrafort.
Un’altra conseguenza della particolare tecnica di produzione di questi quadranti è che, a volte, nel caso di ristampa, poiché si dovrà procedere ad una nuova verniciatura dell’intero quadrante, indici compresi, gli indici stessi potranno subire una nuova levigatura, successiva a quella d’origine, con il risultato che il loro spessore (ossia l’altezza rispetto alla superficie verniciata) sarà sensibilmente minore rispetto ad un quadrante originale e con una forma non più poliedrica, ma “appiattita”: è un particolare, forse, meno immediatamente visibile rispetto alle eventuali irregolarità grafiche, eppure è evidente, se si ha la possibilità di paragonare un quadrante originale rispetto ad un quadrante ristampato.
Un quadrante originale. (by cipino)
Un quadrante ristampato: da notare come gli indici siano più “appiattiti”.
Quanto al calibro cronografico utilizzato, è noto che l’Azienda di Chaux-de-Fonds non fabbricava i suoi movimenti, ma si forniva presso gli specialisti in materia secondo un capitolato d'appalto ben preciso: il calibro 14000, aveva un diametro 33.3 mm, pari a 14 e ¾ ”’, carica manuale, 1/5 sec, registro 30 minuti., era nichelato, con leve satinate e bisellate, 17 rubini, scappamento ad ancora, bilanciere monometallico con viti, spirale piana autocompensante, antiurto Incablock, frequenza di oscillazione di 18000 Alt/h, con risoluzione ad 1/5 di secondo, regolazione fine della frequenza con Incastar.
Il calibro Eberhard 14000.
E’ molto probabile, anche se non certo (ne parla l’autore Joël Pynson nel suo articolo, anche se lo chiama impropriamente calibro 310-8 [2]), che sia stata proprio la Dubois-Depraz a fornire, agli inizi degli anni ’50, alla Eberhard questo calibro (su base Landeron ?) che diventerà uno dei più interessanti movimenti cronografici del tempo e che verrà utilizzato nel modello “Extra-Fort” (il quale esisteva già nella gamma degli orologi Eberhard da qualche anno [3, 4]).
Si trattava di un cronografo a due pulsanti con arresto e rimessa in marcia senza ritorno a zero, con l’introduzione di una slitta ad ore 4, per far arrestare o marciare il cronografo, mentre il pulsante ad ore 2 conservava le funzioni “start-stop-reset”, proprii dei cronografi monopulsanti (meccanismo trio-start).
La ruota a colonne è quella tipica del cronografo mono-pulsante, con una colonna ogni tre denti di sega del rocchetto: in questo caso, ritroviamo 5 colonne ed un rocchetto con 15 denti.
Ruota a colonna del calibro Eberhard 14000
La grande leva, azionata dal pulsante ad ore 2, agendo sul cricco, ad ogni pressione del pulsante, fa ruotare in senso orario la ruota a colonne di un dente (di un passo); il becco della bascula di rinvio, pertanto, scende da una colonna per provocare la partenza della ruota centrale del cronografo; ad una seconda pressione del pulsante ad ore 2 vi risale, determinandone l’arresto, ma una volta salitovi, alla terza pressione del pulsante per provocare l’azzeramento, il becco della basculla di rinvio permane sulla colonna stessa al fine di mantenere non collegata la ruota centrale del cronografo con quella di rinvio, permettendo, durante l’azzeramento, alla ruota centrale del cronografo di esser libera di ruotare per azione della leva di azzeramento (o a martello).
Ruota a colonne del cronografo ad un pulsante, a sinistra, del cronografo a due pulsanti, a destra.
Ricordiamo, invece, che nel cronografo a due pulsanti la ruota a colonne non deve ruotare di tre passi per completare il ciclo della partenza-arresto-azzeramento (o start-stop-reset) ma soltanto due, dal momento che un pulsante (quello solitamente posto ad ore 2) comanda solo la partenza e l’arresto, mentre l’altro pulsante (solitamente posto ad ore 4) determina l’azzeramento: il becco della basculla di rinvio assumerà, pertanto, solo due posizioni, salendo o scendendo da una colonna e, quindi, in questo caso, la ruota a colonna presenterà una colonna ogni due denti di sega.
L’Eberhard Extrafort era, quindi, un interessante cronografo, ancora oggi ricercato orologio da collezione, come è testimoniato dal fatto che viene ricordato da alcuni dei più celebri volumi dedicati agli orologi d’epoca (sebbene nelle didascalie venga erroneamente denominato come calibro 310-2 invece che come l'esatto 14000 [5, 6]); esso era caratterizzato da una soluzione "sicura" che impediva la partenza o l'azzeramento accidentali della lancetta, compito svolto dal secondo pulsante che poteva essere spostato come una slitta lungo il fianco della cassa.
Il cronografo Eberhard Extrafort da: "Wistwatches, Armbandhuren Montres-bracelets". Da notare che il calibro viene erroneamente denominato come calibro 310-2 invece che come l'esatto 14000.
Si osserverà che il foro nella carrure del pulsante a slitta è leggermente più piccolo di quello del pulsante cronografico ad ore 2.
Sulla carrure, il foro più piccolo per il pulsante a slitta, a sinistra, e quello, più grande, del pulsante cronografico, a destra.
Questo pulsante a slitta si articola con una lunga leva posta nello spazio tra un anello in metallo porta-movimento di riduzione e la carrure la quale presenta un solco circonferenziale.
L’anello in metallo montato sulla carrure.
L’anello in metallo montato sulla carrure, da un’altra visuale: da notare come esso presenti una apertura dove è posizionata l’estremità triangolare della leva su cui agisce la slitta.
Una volta tolto l’anello in metallo, si può osservare la leva che termina con una incisione rettangolare che si collega con una piccola levetta, sporgente rispetto alla circonferenza del calibro.
L’anello in metallo con l’apertura dove è posizionata l’estremità triangolare della leva su cui agisce la slitta.
La carrure dopo aver asportato l’anello in metallo; si noti al centro il pulsante a slitta, con una vite, che aziona la lunga leva.
Da un’altra visuale, la carrure dopo aver asportato l’anello in metallo; si noti la vite che collega il pulsante a slitta con la lunga leva e l’estremità triangolare della stessa.
Il pulsante a slitta, la sua vite e la lunga leva, che termina con una estremità triangolare con una incisione rettangolare.
Tramite questa levetta, che poteva essere spostata in senso orario o anti-orario, veniva dislocato un piccolo perno che interagiva con la bascula di rinvio, facendola ruotare in senso anti-orario, allontanandola dalla ruota a colonna ed interrompendo la connessione tra la ruota di rinvio e la ruota centrale del cronografo, arrestando in questo modo la lancetta centrale del cronografo; riportando la slitta in posizione iniziale, la bascula di rinvio ruotava in senso orario, avvicinandosi alla ruota a colonna e, ripristinando la connessione tra la ruota di rinvio e la ruota centrale del cronografo, faceva ripartire la lancetta centrale del cronografo dalla posizione in cui si era fermata in precedenza.
La levetta che sporge dal profilo del calibro in posizione di start; su questa levetta si articola la lunga leva del pulsante a slitta.
La levetta che sporge dal profilo del calibro in posizione di stop; su questa levetta si articola la lunga leva del pulsante a slitta.
Il perno su cui agisce la levetta: esso sposta la bascula di rinvio in senso orario od antiorario.
La massima cura per il dettaglio che la Eberhard ricercava per questo calibro era testimoniata dal lavoro di bisellatura (“anglage”) su leve e ponti, condotto con grande maestria e dalla presenza di un rubino per il perno della ruota di rinvio, sempre in veloce movimento, in modo da ridurre gli attriti, al pari dei più prestigiosi cronografi di altre Aziende (7).
Una foto d’insieme del calibro Eberhard 14000, con leve e ponti oggetto di bisellatura o “anglage”.
Il rubino sul perno della ruota di rinvio.
Infine, la regolazione fine delle oscillazioni del bilanciere era ottenuta con il sistema “Incastar” (8), anche se è curioso osservare che il disegno tecnico presente nella pubblicità del 1951, relativa al lancio del: Nouveax calibres – Le chonographe compteur Eberhard 14”’, mostrata in precedenza, presenti un esemplare provvisto di racchetta di regolazione e sprovvisto, invece, di Incastar.
La pubblicità Eberhard del 1951, in cui il calibro mostrato è provvisto di racchetta di regolazione e sprovvisto, invece, di Incastar.
Disegno tecnico del meccanismo Incastar.
Il meccanismo Incastar nel calibro Eberhard 14000, lato fondello.
Il meccanismo Incastar nel calibro Eberhard 14000, lato quadrante.
Nella maggior parte degli orologi, la molla a spirale è fissata da una parte al ponte mediante il pitone dall’altra all’asse del bilanciere mediante la virola; la racchetta, mediante due spine, attraverso le quali passa la spirale, prima di fissarsi al ponte, regola la lunghezza attiva della spirale stessa, aumentandola (in modo da ottenere un rallentamento delle oscillazioni) o riducendola (ottenendo una accelerazione delle oscillazioni), ma non era possibile evitare una lieve alterazione dell’isocronismo dovuta al gioco della spirale tra le spinette, gioco che è necessario altrimenti nello spostare la racchetta la spirale potrebbe essere piegata o strappata; la perdita dell’isocronismo è dovuta al fatto che nel brevissimo periodo in cui la spirale, durante l’oscillazione, non tocca le spinette (spostandosi da quella più interna a quella più esterna e viceversa), la sua lunghezza attiva è quella reale che va dalla virola al pitone.
Il gioco della spirale tra le due spinette.
Con il sistema Incastar, brevettato il 15 ottobre 1947 con n° 251174 da Fritz Marti, inventore anche dell’Incabloc, si procedeva in un altra maniera; la spirale è compressa tra due rullini, che sono sotto l’azione di una molletta, in assoluta assenza di gioco e può esser fatta scorrere, per aumentarne o diminuirne la lunghezza attiva, ruotando il dischetto a cinque punte, solidale con uno dei rullini, mentre il terzo rullino serve solo da guida per impedire che il tratto terminale della spirale possa toccare la spira più esterna.
Il brevetto di Fritz Marti.
In questo modo viene realmente allungata o accorciata la reale lunghezza della curva della molla a spirale, e non la lunghezza utile, come avviene con la classica racchetta.
Purtroppo dopo ogni regolazione, era necessario procedere ad una “messa in fase dello scappamento”, dato che i due rullini fungevano da vero e proprio pitone, quando si varia la lunghezza della spirale per regolarne il periodo; la virola della spirale deve essere posizionata sull’asse del bilanciere in modo che, quando il bilanciere è libero, il bottone del disco vada a fermarsi spontaneamente sulla linea dei centri. Infatti, se tale regola non viene rispettata, le funzioni dello scappamento non si svolgono correttamente ed in gergo si dice che l’orologio è "zoppo".
Tuttavia, l’operazione di messa in fase dello scappamento era enormemente facilitata dal fatto che è mobile sul ponte del bilanciere e non richiedeva più di qualche secondo con il crono-comparatore.
Schema che illustra la messa in fase dello scappamento.
Ma questo intervento supplementare era considerato una perdita di tempo da parte di chi non aveva pensato ai grandi vantaggi di questo tipo di regolazione ed il sistema fu presto abbandonato, con una sorta di boicottaggio da parte di molti riparatori (8).
Il cronografo Eberhard “Extra-fort” conobbe all'epoca un grandissimo successo in Italia, tanto da divenire già allora un vero e proprio status-symbol; e ancor oggi è considerato, dagli studiosi in materia, uno tra i più interessanti movimenti cronografici d’epoca, sia per le soluzioni tecniche esclusive sia per la cura artigianale delle finiture (così Gisbert L. Brunner in un suo articolo, anche se erroneamente, come già nel suo libro, lo definisce come calibro 310-8 [5, 9]; per inciso, anche Gerd-R Lang, autore di una celebre monografia dedicata ai cronografi da polso, nella didascalia di una illustrazione del suo libro, cade nello stesso errore [6]), mentre “le sue notevoli doti di robustezza e resistenza, sia relative alla cassa sia al movimento, oltre a ispirarne il nome, ne accrebbero l'alone di leggenda” (10).
Le differenze tra i calibri Eberhard 14000 e 310-8.
Il cronografo Eberhard Extrafort nel libro di Gerd-R. Lang. Da notare che il calibro viene erroneamente denominato come calibro 310-2 invece che come l'esatto 14000.
Il cronografo Eberhard Extrafort nell’’articolo di Gisbert L. Brunner. Da notare che il calibro viene erroneamente denominato come calibro 310-2 invece che come l'esatto 14000.
Il cronografo Eberhard Extrafort, con calibro 14000, continuerà ad essere prodotto probabilmente fino alla metà degli anni ’60, conservando le caratteristiche iniziali, ad eccezione di alcune piccole modifiche del quadrante dove verrà progressivamente sostituito, con una scritta, il logo in rilievo; saranno, inoltre, eliminate le circonferenze dei quadratini dei secondi continui e dei minuti cronografici.
Infine, i modelli successivi, alle soglie degli anni ’70, saranno dotati del già menzionato calibro 310-8, senza la funzione a slitta del pulsante ad ore 4, sostituito da un più comune pulsante con funzione di azzeramento, come per gli altri cronografi presenti allora sul mercato.
Un cronografo Eberhard Extrafort calibro 310-8, con quadrante (con qualche dubbio) senza il logo in rilievo, sostituito da una scritta, e senza le circonferenze dei quadratini dei secondi continui e dei minuti cronografici. E’ presente l’indicazione dei 50 km/h, costituita da una linea rossa sulla scala tachimetrica su base 1000 m.
Nel concludere questa mia ricerca dedicata al cronografo Eberhard calibro 14000, che, contrariamente all’opinione comune, ritengo più interessante, per i motivi su esposti, rispetto al suo predecessore, Eberhard calibro 1600-Valjoux 65, colgo l’occasione per ripresentare una rara fotografia d’epoca e riproporre una considerazione, bella e così vera, almeno nel mio caso.
Rivenditore in giro con il furgoncino per vendere gli orologi EberhardCITAZIONE (erm2833 @ 6/3/2010, 16:28)…in essa è racchiusa tutta la differenza esistente tra il collezionare il moderno ed il vintage: nel primo caso basta avere la cifra giusta a disposizione ed il gioco è fatto; nel secondo caso, invece, i soldi non bastano: si inizia con lo studio, poi con la ricerca, poi, quando il pezzo tanto agognato viene fuori, con l'analisi del medesimo… e l'acquisizione non è che l'ultimo anello della catena.
Dire quale sia, delle quattro sopra elencate, la fase più bella, non saprei… Certo… è un incalzare di emozioni!
erm.
Biblio-Web-grafia:
1) https://orologi.forumfree.it/?t=38038632
2) https://orologi.forumfree.it/?t=49214544
3) www.invenitetfecit.com/modeles/chronographe-date.html
4) http://forums.timezone.com/index.php?t=tre...o=4023794&rid=0
5) Wistwatches Armbandhuren Montres-bracelets, G.L. Brunner, C. Pfeiffer-Belli, Konemann – Verlag GmbH, Monaco, 1990
6) Gerd-R Lang, Reinhard Meis: Cronografi da polso, Studio Zeta Editore, 1994
7) https://orologi.forumfree.it/?t=34894346
8) https://orologi.forumfree.it/?t=28323875
9) www.watchtime.at/archive/wt_2003_03...ts_part_two.pdf
10) Orologi, le Misure del Tempo, n°143, novembre 2000, pag.94.*****
Ringrazio di cuore: cipino, msx, brithishshorthair, erm2833, Nottambulo, Grifone66, Daytona978, vittoriomaria2002, per il materiale messomi a disposizione, per la cortesia e la disponibilità dimostrata e per i preziosi consigli.
Ogni osservazione è ben accetta.
Edited by nicola1960 - 23/5/2019, 13:49. -
stringoiu.
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Come sempre un'immensa miniera...grazie Nicola!
p.s. poi stasera me lo rileggo con molta più calma!. -
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Grazie, POST MAGISTRALE . -
Ernest Borel.
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Spettacolare! Grazie mille!! . -
linus160368.
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Splendido post, grazie! . -
ACPavanato.
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Bravissimo !!!!
Ciao. -
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La tua Passione è davvero Grande, Complimenti . -
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Grazie Nicola, post interessantissimo, anche oggi ho imparato qualcos'altro.
Complimenti.
Giuseppe.. -
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veramente un grazie di cuore. mi hai fatto ben ricredere sul concetto che mi ero messo in testa da tanto tempo :
di avere un " comune crono minore " e nel mio caso anche con un quadrante forse " lavato " cosa che non mi
impedirà di tirarlo fuori dalla cassetta e di godermelo appieno. ancora grazie
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Gli studi del nostro amico Nicola sono sempre interessanti, ben fatti e monumentali . Bravo! . -
erm2833.
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Proporrei all'amministrazione la nomina di Nicola ad "Accademico dell'Orologeria".
Scherzi a parte un doveroso grazie per la chiarezza e la completezza di quanto hai scritto.
Con la stima e l'affetto di sempre,
Ermanno.. -
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La targhetta di "academic member" non c'è ancora, quella di "gold member" sì e sarebbe quantomai appropriata . -
erm2833.
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CITAZIONE (msx @ 6/10/2010, 21:11)La targhetta di "academic member" non c'è ancora, quella di "gold member" sì e sarebbe quantomai appropriata
Si potrebbe sempre introdurla,ho gia' in mente 5 o 6 nomi.... -
Gravina.
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Grazie Nicola!
Namaste
Gravina. -
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Grazie Nicola, topic interessantissimo.
David..