I racconti pazzeschi della vita

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    Nel dicembre 1984, un gruppo di 3.000 balene beluga rimasero intrappolati dal ghiaccio nel mare dei Ciukchi, vicino alla Russia. Le balene erano confinate in piccoli stagni di acqua aperta circondati da ghiaccio spesso e impraticabile fino a 10 piedi di spessore in alcune aree.
    Senza accesso alle aree più ampie dell'oceano, le balene avevano difficoltà a respirare e rischiavano di morire. Per aiutarli a salvarli, è stato portato un rompighiaccio di nome Admiral Makarov, dotato di uno scafo specialmente rinforzato per rompere il ghiaccio. La nave tentò di portare le balene in salvo rompendo il ghiaccio, ma i beluga inizialmente si rifiutarono di seguirlo.
    Quando l'equipaggio iniziò a suonare musica classica come Tajkovskij sugli altoparlanti della nave, le balene iniziarono finalmente a seguire il Makarov attraverso lo stretto canale in acque aperte. Questo ha permesso a 2.000 balene di raggiungere l'oceano non congelato dopo un viaggio di quasi 100 miglia.
    Lo sforzo di salvataggio è durato diversi giorni e in seguito è stato soprannominato "Operazione Beluga. Fu un'impresa massiccia che coinvolse diversi paesi, tra cui l'Unione Sovietica, gli Stati Uniti, il Canada e il Giappone.

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    https://mastroviaggiatore.it/sommerso/blog...eration-beluga/
     
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    Col de Vizzavona questa mattina ( Corsica ) immagino sia caduta
    dal rimorchio ...

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    È per quando la neve si scioglie -_- , sai quanta acqua ci sarà! :woot:
     
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    Il 5 dicembre 1929 morì Togo, un Siberian Husky famoso per aver percorso il tratto più lungo e difficile della corsa del siero del 1925, che portò il vaccino contro la difterite a Nome, in Alaska. Anche se Balto è più conosciuto per aver completato l'ultimo segmento della corsa, Togo coprì circa 480 km, molto più dei 170 km di Balto. Togo è stato anche il soggetto del film del 2019 "Togo - Una grande amicizia", prodotto dalla Walt Disney Pictures. Togo è stato regalato alla fine dei suoi giorni da parte di Seppala a una sua compagna musher di nome Elizabeth Ricker nel Maine. Dopo essersi separato dal suo miglior cane, Seppala dichiarò: "È stato triste separarsi in una fredda e grigia mattina di marzo, quando Togo mi sollevò una piccola zampa al ginocchio come per chiedermi perché non mi stesse seguendo. Non ho mai avuto un cane migliore di Togo". Seppala era andato a trovare Togo un paio di volte ed era al suo fianco quando è stato eutanasizzato.
    Dopo la sua morte, Togo è stato imbalsamato ed esposto all’Iditarod Trail Headquarters Museum di Wasilla, in Alaska.





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    JOAN MULHOLLAND: STORIA DI UN'EROINA ORDINARIA CHE NON HA MAI SMESSO DI LOTTARE
    Avere vent'anni anni e finire nel braccio della morte insieme ai peggiori criminali dello stato del Mississippi.
    Questa la sorte di Joan Mulholland, che non era né un'assassina né una delinquente seriale, ma soltanto una ragazza, una ragazza piena di coraggio.
    Era il 1961 e Joan, originaria della Virginia e figlia di genitori razzisti, aveva scelto di passare dall'altra parte della barricata e lottare contro la segregazione degli afroamericani. Per questo aveva aderito al movimento per i diritti civili e si era unita ai Freedom Riders, gli attivisti che per far rispettare la legge che vietava la segregazione sugli autobus, avevano deciso di attraversare in pullman tutti gli stati del sud.
    Il viaggio era stato bloccato in Mississippi dove i Freedom Riders vennero prima duramente malmenati da alcuni appartenenti al Ku Klux Klan armati di mazze e tubi di ferro e poi arrestati dalla polizia locale. Condotti in carcere furono sottoposti a trattamenti profondamente umilianti. Le donne, in particolare, vennero denudate e costrette a subire invasivi esami vaginali. Divisi l'uno dagli altri, gli attivisti vennero poi condotti nelle celle del braccio della morte e qui tenuti per quasi un mese in condizioni inumane.
    Ma per Joan il carcere fu soltanto una palestra di vita. Ne uscì ancora più rafforzata nelle sue convinzioni. Negli anni seguenti fu la prima donna bianca a iscriversi a una scuola per afroamericani, si sedette al fianco dei neri in un ristorante per soli bianchi a Jackson e partecipò in prima linea alla marcia di Washington. Nella cosiddetta Freedom Summer, durante la quale il movimento dei diritti civili lanciò una grande campagna per far iscrivere gli afroamericani alle liste elettorali, divenne uno dei bersagli conclamati del KKK, che uccise tre attivisti a Neshoba.
    Venne insultata, malmenata, ricevette minacce, fu sottoposta a esami psichiatrici dalle pubbliche autorità ma non mollo mai di un centimetro.
    Per anni nel suo portafoglio portò un pezzo di vetro delle finestre della chiesa battista di Birmingham, fatta saltare in aria dal Klan, per non dimenticare mai i 4 bambini innocenti che erano morti nell'attentato.
    Oggi Joan ha 82 anni e non ha smesso di lottare, fedele alla massima che si è imposta secondo cui "finché ci saranno ancora persone non libere, nessuno sarà libero".


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    Quando Charlie Chaplin decise di chiedere a Oona, che aveva 30 anni più giovane di lui, disse teneramente: "Sposami per insegnarti a vivere, e tu insegnami a morire. "
    Lei rispose con grazia: "No Charlie, ti sposerò per imparare a crescere e ti insegnerò a rimanere giovane fino alla fine. "
    Hanno vissuto insieme per 34 anni e hanno avuto 8 figli.
     
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    Complimenti alla mamma ...

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    Brendon Grimshaw acquistò le Moyenne Island al largo della costa nord di Mahé, Seychelles, nei primi anni ’60 per soli 8.000 sterline (circa 9000 €) mentre lavorava come redattore di un giornale in Africa. Deciso a rifarsi una vita su quest’isola, nel 1973, si trasferì sulla sua nuova isola con nient’altro che un sogno.
    Al momento dell’acquisto l’isola era stata abbandonata per mezzo secolo ed era pesantemente ricoperta di vegetazione. Grimshaw, insieme a un seychellese di nome Rene Lafortune, iniziò a fare ciò che il suo cuore gli aveva sempre dettato di fare: proteggere l’ambiente e vivere più a stretto contatto con la natura. Nel corso di 40 anni, i due amici piantarono 16.000 alberi con le loro mani – tra cui 700 mogani che sono cresciuti fino a raggiungere anche 20 metri di altezza; inoltre costruirono circa 4,8 chilometri di sentieri naturali prima della scomparsa di Lafortune nel 2007.

    Brendon, da vero amante della natura, riuscì ad attirare anche circa 2.000 nuovi uccelli sull’isola, di cui poi si è preso cura. Divenne anche il custode di 120 tartarughe giganti. Inutile dire che, ad un certo punto, la sua isola arrivò a detenere più di due terzi di tutte le piante endemiche delle Seychelles (record che detiene ancora oggi).

    Un giorno gli furono offerti 50 milioni di dollari da un ricco signore, ma Brendon si rifiutò di vendere l’isola, dicendo che non voleva che diventasse una meta di vacanze per milionari, ma piuttosto un parco nazionale per tutti. Finalmente, nel giugno 2008, dopo anni di lotta per proteggere l’isola dalla privatizzazione, fu dichiarata Parco Nazionale delle Seychelles.

    Brendon ospitava turisti chiedendo loro di contribuire con circa 12 € a persona. Era sempre pronto a raccontare una storia ai viaggiatori che bussavano alla sua porta: storie di tesori nascosti e della progettazione della sua casa sull’isola e dei suoi instancabili sforzi di conservazione ambientale. Era la quintessenza dell’isolano e un devoto amante della natura che per quasi mezzo secolo ha dedicato tutto se stesso per la sua isola, le sue piante e i suoi animali. Purtroppo è morto a luglio del 2012.

    Ancora oggi si può ancora visitare l’isola secondo pratiche di turismo sostenibile. Con soli nove ettari, l’isola Moyenne è forse il più piccolo parco nazionale del mondo. Di proprietà della Fondazione Moyenne, una ONG privata, si trova all’interno del Parco Nazionale Marino Ste. Anne ed è l’unica isola del gruppo aperta ai visitatori e viaggiatori. Nonostante le sue dimensioni ridotte, è un tesoro ambientale. Circa 40 piante endemiche sono rappresentate, più della metà di quelle uniche delle isole granitiche. Moyenne è l’unico posto al mondo, oltre alla Vallée de Mai, dove si possono trovare tutte e sei le palme uniche delle Seychelles.

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    CITAZIONE (Ma3dmax @ 5/5/2024, 17:13) 
    Brendon Grimshaw acquistò le Moyenne Island al largo della costa nord di Mahé, Seychelles, nei primi anni ’60 per soli 8.000 sterline (circa 9000 €) mentre lavorava come redattore di un giornale in Africa. Deciso a rifarsi una vita su quest’isola, nel 1973, si trasferì sulla sua nuova isola con nient’altro che un sogno.
    Al momento dell’acquisto l’isola era stata abbandonata per mezzo secolo ed era pesantemente ricoperta di vegetazione. Grimshaw, insieme a un seychellese di nome Rene Lafortune, iniziò a fare ciò che il suo cuore gli aveva sempre dettato di fare: proteggere l’ambiente e vivere più a stretto contatto con la natura. Nel corso di 40 anni, i due amici piantarono 16.000 alberi con le loro mani – tra cui 700 mogani che sono cresciuti fino a raggiungere anche 20 metri di altezza; inoltre costruirono circa 4,8 chilometri di sentieri naturali prima della scomparsa di Lafortune nel 2007.

    Brendon, da vero amante della natura, riuscì ad attirare anche circa 2.000 nuovi uccelli sull’isola, di cui poi si è preso cura. Divenne anche il custode di 120 tartarughe giganti. Inutile dire che, ad un certo punto, la sua isola arrivò a detenere più di due terzi di tutte le piante endemiche delle Seychelles (record che detiene ancora oggi).

    Un giorno gli furono offerti 50 milioni di dollari da un ricco signore, ma Brendon si rifiutò di vendere l’isola, dicendo che non voleva che diventasse una meta di vacanze per milionari, ma piuttosto un parco nazionale per tutti. Finalmente, nel giugno 2008, dopo anni di lotta per proteggere l’isola dalla privatizzazione, fu dichiarata Parco Nazionale delle Seychelles.

    Brendon ospitava turisti chiedendo loro di contribuire con circa 12 € a persona. Era sempre pronto a raccontare una storia ai viaggiatori che bussavano alla sua porta: storie di tesori nascosti e della progettazione della sua casa sull’isola e dei suoi instancabili sforzi di conservazione ambientale. Era la quintessenza dell’isolano e un devoto amante della natura che per quasi mezzo secolo ha dedicato tutto se stesso per la sua isola, le sue piante e i suoi animali. Purtroppo è morto a luglio del 2012.

    Ancora oggi si può ancora visitare l’isola secondo pratiche di turismo sostenibile. Con soli nove ettari, l’isola Moyenne è forse il più piccolo parco nazionale del mondo. Di proprietà della Fondazione Moyenne, una ONG privata, si trova all’interno del Parco Nazionale Marino Ste. Anne ed è l’unica isola del gruppo aperta ai visitatori e viaggiatori. Nonostante le sue dimensioni ridotte, è un tesoro ambientale. Circa 40 piante endemiche sono rappresentate, più della metà di quelle uniche delle isole granitiche. Moyenne è l’unico posto al mondo, oltre alla Vallée de Mai, dove si possono trovare tutte e sei le palme uniche delle Seychelles.

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    Ci sono persone illuminate che rendono la terra un luogo migliore .
    Grazie di averci raccontato la vita di uno di loro .
     
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    Gente con le palle@

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    “Non mollerò finché non l’avrò trovata”.
    La voce è quella di Giovanni Soldini, in quel momento ha 33 anni e sta correndo la Around Alone, la più dura regata intorno al mondo in solitaria mai concepita. Un uomo, una barca a vela, tre Oceani. Giovanni è terzo, dietro a Marc Thiercelin e Isabelle Autissier. È il 16 febbraio del 1999 e dalla radio di bordo arriva un Sos: l’imbarcazione Prb di Autissier, la prima classificata, si è cappottata e ora si trova alla deriva da qualche parte in mezzo al Pacifico, tra Auckland e Punta del Este, a 2000 miglia in linea d’aria circa da Capo Horn.

    Giovanni non ci pensa due volte. Abbandona la propria rotta sicura a nord e si dirige a sud con la sua “Fila”, dritto contro l’Oceano in tempesta. Un solo pensiero in testa: salvare Isabelle, l’amica Isabelle, l’avversaria di decine di regate. Giovanni ha solo un vago segnale di soccorso e un’area di 5 miglia quadrate da setacciare palmo a palmo. Trovare uno scafo rovesciato in un tratto di mare di quelle dimensioni, in balia di cavalloni alti 4 metri, tra i chiaroscuri di un’alba che non arriva mai, è un po’ come cercare una pallina da flipper in un campo da football. Ma Giovanni non si dà per vinto. Non può farlo. Ha deciso. “Non mollerò finché non l’avrò trovata”.

    Prima di essere un velista di fama mondiale, Giovanni è un marinaio, conosce le leggi del mare e i codici della navigazione. Giovanni non crede in Dio, ma sa che la vita là in mezzo è sacra. Dopo quasi un’ora di furibonda ricerca, alle 5.55 ora locale (le 15.25 in Italia), Giovanni trova la Prb, porta in salvo Isabelle e invia un succinto comunicato al centro operativo di gara: “Salve, qui Fila. Isa è a bordo con me. Stiamo tornando in gara.”

    Giovanni fa sul serio. Riprende la rotta a nord, recupera il tempo perso, rimonta chi nel frattempo l’ha superato, scavalca Thiercelin e, meno di due mesi più tardi, il 9 maggio dello stesso anno trionfa sul traguardo di Charleston (South Carolina). È il primo italiano ad aver vinto un giro del mondo in solitaria, il primo uomo ad averlo fatto dopo aver salvato una donna, una concorrente, un’amica. Un essere umano.

    Sono passati 25 anni esatti da allora e cinque dal post a cui sono in assoluto più legato. Giovanni tra pochi giorni compierà 58 anni, nel frattempo ha stabilito un’altra decina di primati e infranto ogni record in infinite specialità diverse. Al suo fianco, in ogni vittoria e nelle rare sconfitte, per cinque anni c’è stato un marinaio che di nome fa Tommaso Stella, 7 anni meno di Giovanni e una vita passata al timone.

    A un certo punto Tommaso ha salutato Giovanni ed è partito volontario per una nuova missione: salvare vite in mare con una ong nel Mediterraneo. Niente più gare, niente più record, nessun avversario da battere. Soltanto silenzio e acqua a perdita d’occhio, per miglia e miglia. E poi la disperazione umana che ti arriva addosso all’improvviso, insieme a 60 migranti a bordo di un gommone non più lungo di un pulmino e non più largo di una Panda, perso da qualche parte alla deriva, a mollo sopra un cimitero senza croci né lapidi, inseguito da una motovedetta libica carica di uomini armati.

    Tommaso carica i migranti a bordo della sua barca a vela, che si chiama Alex e curiosamente ricorda quella di Giovanni, e fa rotta verso l’Europa a tutta velocità, seminando i libici e il terrore e l’inferno dei lager, anche se quello non se ne va mai per davvero. A un certo punto sembra quasi una gara, come ai vecchi tempi con Giovanni, ma in palio ora non c’è un trofeo, e il cronometro segna solo il tempo che separa le persone dal limite di sopportazione umana. E gli arbitri non sono più giudici di gara, come un tempo, ma leggi disumane, governi spietati e ministri che giocano sulla pelle dei migranti, sulla pelle di tutti loro. E in quel momento Tommaso forse si ricorda di Isabella e di quella regata nel Pacifico di vent’anni anni prima e si chiede cosa avrebbe fatto Giovanni al suo posto. È un attimo, prima di puntare la prua verso il porto sicuro più vicino, senza chiedere il permesso a nessuno, senza chiedersi i rischi che corre, le multe che dovrà pagare, le leggi che violerà. In mare è tutta questione di tempo, e qui è scaduto da un pezzo, ogni attimo potrebbe essere decisivo. Tommaso attracca al molo di Lampedusa alle 5 di pomeriggio di un sabato di luglio di cinque anni fa, insieme ai 46 migranti rimasti e agli altri dieci uomini dell’equipaggio. Rimedia 16mila euro di multa e un’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma non è mai stato così felice nella sua vita. Si sente pieno, realizzato. Un uomo. Come mai gli era capitato prima di allora.

    Giovanni in quel momento è a casa, in attesa di preparare una nuova sfida, quando apprende, come tutti, dell’impresa del suo vecchio skipper e compagno di tante traversate. E, quando un giornalista gli chiede cosa ne pensa, lui che da quarant’anni solca i mari di tutto il globo e ha visto passare più acqua sotto lo scafo che tutti i leghisti, i razzisti e gli hater di Italia messi insieme, Giovanni dice solo due cose. Dice: “Bravo Tommaso, hai fatto il marinaio”. E poi spiega meglio: “Da migliaia di anni queste cose esistono. I romani e i greci tiravano su la gente, mica la lasciavano in mare. Quando trovi uno che galleggia per miracolo, intanto lo tiri sú. I distinguo, per quanto mi riguarda, si fanno a terra. Cinquanta persone su una barca da 18 metri sono una situazione di sopravvivenza. E, credetemi, se trascorri 48 ore in mare, i dubbi ti passano.”

    Uno di cognome fa Soldini, l’altro Stella. Sono capitani, sono marinai, sono italiani. Sono colleghi, sono vecchi amici che avresti voglia di abbracciare. Sono vita vissuta controvento, sono alberi maestri che non si piegano, sono pelle scottata al sole, sono storie di mare. Sono Storia di un Paese che vogliono cancellare, nascondere, censurare, infangare, incriminare, e che abbiamo il dovere di raccontare.
     
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    NON SOTTOVALUTARE MAI NESSUNO!!

    Una donna con un abito di cotone da quattro soldi e suo marito vestito con un abito modesto scesero dal treno a Boston e si diressero timidamente (senza appuntamento) verso l'ufficio della segretaria del presidente dell'Università di Harvard.

    Il segretario a un certo punto intuì che quei contadini delle foreste non avevano niente da fare ad Harvard.

    - Vorremmo vedere il presidente, disse piano l'uomo.

    - È occupato, rispose la segretaria.

    - Aspetteremo, rispose la donna. Per ore la segretaria li ignorò, sperando che finalmente la coppia si scoraggiasse e se ne andasse, ma non lo fecero e la segretaria vide aumentare la sua frustrazione e alla fine decise di interrompere il presidente, sebbene fosse un compito che evitava sempre.

    - Forse se parli con loro qualche minuto se ne andranno, disse la segretaria al rettore dell'Università. Fece una faccia dispiaciuta ma accettò, una persona della sua importanza ovviamente non aveva il tempo di trattare con persone in abiti e completi scadenti. Tuttavia, il presidente, con un cipiglio duro ma dignitoso, si è avvicinato alla coppia con passo arrogante.

    La donna gli disse:

    - Abbiamo avuto un figlio che ha frequentato Harvard solo per un anno, amava Harvard ed era felice qui, ma un anno fa è morto in un incidente. Mio marito ed io vogliamo costruire qualcosa da qualche parte nel campus che sia in memoria di nostro figlio.

    Il presidente non era interessato e disse:

    - Signora, non possiamo mettere una statua per ogni persona che frequenta Harvard e muore, se lo facessimo, questo posto sembrerebbe un cimitero.

    - Oh no, spiegò velocemente la donna:

    Non vogliamo erigere una statua, abbiamo pensato di donare un edificio ad Harvard.

    Il presidente socchiuse gli occhi, guardò il vestito e l'abito economico della coppia, e poi esclamò:

    - Un edificio! Hai idea di quanto costa un edificio? Abbiamo speso più di 7,5 milioni di dollari per gli edifici qui ad Harvard! Per un attimo la donna rimase in silenzio e il presidente fu felice perché forse adesso poteva liberarsene.

    La donna si rivolse al marito e disse sottovoce:

    - Costa così poco aprire un'Università Perché non ne apriamo una nostra? Poi il marito ha accettato e il volto del presidente si è oscurato per la confusione e lo smarrimento. Sig. Leland Stanford e sua moglie se ne andarono, diretti a Palo Alto in California, dove fondarono l'università che porta il loro nome, la Stanford University, in memoria di un figlio del quale Harvard non si interessava.

    La Leland Stanford Junior University fu inaugurata nel 1891 a Palo Alto. "Junior" perché era in onore del figlio defunto del ricco proprietario terriero. Quello era il suo "memoriale" e oggi l'Università di Stanford è la numero uno al mondo, sopra Harvard.

    Com'è facile GIUDICARE dalle apparenze e quanto è facile sbagliare quando si giudica dalle apparenze!
     
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    Bellissimo racconto , che storia . Potente .

    p.s. mi hai fatto venire in mente quando Padre Pappelletto gesuita ci raccontò in uno dei suoi corsi
    che venne apostrofato da un conoscente sul fatto che fu visto passeggiare con una signora di umili vesti
    per le vie di Torino .
    Il suo conoscente non aveva riconosciuto l'enorme presenza di quella signora che era Madre Teresa ...
     
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    Purtroppo mi devo scusare, ma mi son fidato di un’amico senza verificare. L’universita’ di Stanford e’ stata effettivamente fondata in memoria del figlio morto, ma per quel che riguarda Harvard ed il suo rettore non ci sono riscontri.
     
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