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.Ritengo, in fondo, che i nostri governanti non siano del tutto uguali a noi.
E' vero che li votiamo.
E' vero però che non abbiamo modo di mandare al potere altri, perché il sistema è quello ed è figlio della paura post bellica di assolutismi (la bestialità del presidente del consiglio dei ministri primus inter pares è assurda, il bicameralismo è assurdo..).
Ed è vero che chi è stato al potere per tanto tempo ha arricchito quel meccanismo affinché dalla "base" non fosse nemmeno più scalfibile.
Il risultato è che, di fatto, noi siamo slegati da chi comanda.
E che non ci rappresenta e, forse, non ci somiglia più di tanto.
Siccome questi balordi non si rendono conto che devono togliersi di mezzo, favorendo un cambiamento accettabile e progressivo (che doveva iniziare vent'anni fa almeno) verranno spazzati via tutto d'un tratto, in modo non morbido, dalla rabbia della gente.
qui non cambia niente abbiamo visto con i Forconi cosa è successo....purtroppo stiamo attendendo
il nulla tutti rinchiusi nel proprio orticello cercando di farci male il meno possibile,sveglia ....
ITAgLIANI. -
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Ormai abbiamo appurato che oggi come oggi in Italia è praticamente impossibile realizzare una produzione competitiva, a meno che non si tratti di qualcosa di escusivo, cioè che nessun altro fa o almeno non riesce a farlo in questa maniera o comunque convincere di questo i consumatori. La produzione di articoli di largo consumo è di fatto impossibile, come scrive giustamente Thomas chiunque è in grado di produrne di qualità pari o addirittura migliore dei nostri a prezzi assai più convenienti. Tuttavia, ripeto per la millesima volta, la delocalizzazione è solo un soluzione temporanea, una piccola toppa a coprire una falla enorme. Produrre frigoriferi in un Paese dove il costo del lavoro è basso significa non poterli vendere sul posto, perché la gente non se li può permettere, e nemmeno in Italia (o nel resto dell'Europa Occidentale), perché la gente senza lavoro non ha certo i soldi per comprare i frigo, per cui a breve l'azienda si ritroverà sul gobbo tutti i suoi bei frigoriferi, che dovrà cercare di vendere agli Esquimesi ... . -
.Ormai abbiamo appurato che oggi come oggi in Italia è praticamente impossibile realizzare una produzione competitiva, a meno che non si tratti di qualcosa di escusivo, cioè che nessun altro fa o almeno non riesce a farlo in questa maniera o comunque convincere di questo i consumatori. La produzione di articoli di largo consumo è di fatto impossibile, come scrive giustamente Thomas chiunque è in grado di produrne di qualità pari o addirittura migliore dei nostri a prezzi assai più convenienti. Tuttavia, ripeto per la millesima volta, la delocalizzazione è solo un soluzione temporanea, una piccola toppa a coprire una falla enorme. Produrre frigoriferi in un Paese dove il costo del lavoro è basso significa non poterli vendere sul posto, perché la gente non se li può permettere, e nemmeno in Italia (o nel resto dell'Europa Occidentale), perché la gente senza lavoro non ha certo i soldi per comprare i frigo, per cui a breve l'azienda si ritroverà sul gobbo tutti i suoi bei frigoriferi, che dovrà cercare di vendere agli Esquimesi ...
Vedi, che si voglia o no, giusto o sbagliato, siamo in un mondo globalizzato e quindi dobbiamo stare alle regole del gioco se vogliano sopravvivere ma soprattutto ricrescere e prosperare.
Che sia una soluzione temporanea o no, l'Italia non si può permettere di competere con questi paesi, ed aggiungo, nemmeno deve pensarlo a fare.
E' inevitabile che ci sono molti altri settori su cui si deve investire, ma in molti, sopratutto della classe dirigente sono ben lungi dal farlo, visti i costi. Per cui si preferisce vivacchiare, vendersi al miglior offerente, continuare a produrre per un mercato interno oramai piatto.
Le realtà industriali forti ancora esistono, ed esportano. Solo da queste possiamo prendere esempio. Anche perché la politica mercantilistica tedesca questo impone: o sei esportatore o importatore. Alcune politiche del governo Monti furono anche corrette, volte sopratutto ad aggiustare la bilancia commerciale e ridurre le importazioni da cui dipendiamo (ricordo sempre che importare equivale a bruciare ricchezza interna).
Tu giustamente dici: a chi le venderanno poi? Io ti rispondo: al consumatore Y medio non importa dove l'oggetto X sia fatto, acquisterà sempre quello più conveniente.
E ti dò un esempio pratico: se la catena commerciale A vende 2000 lavatrici ad un prezzo conveniente per il consumatore Y, pensi possa importare dove sia costruito?
Per caso, quando si compra un iPhone, il fatto che sia costruito in China, ha limitato le vendite nel mercato americano? Non mi pare.
Il consumatore cercherà sempre il prodotto a lui conveniente. Pensiamo solo alla fragole spagnole che a volte costano meno di quelle italiane prodotte a 4 km dal mercato in cui vengono vendute.
Di esempi simili ve ne sono tantissimi.
L'Italia ha ancora vantaggi competitivi in alcuni settori, quello delle lavatrici di massa non più.
Ho risentito prima il tg le solite manfrine dei politici. Mi dispiace solo per i lavoratori che verranno nuovamente presi in giro, e i costi scaricati sui contribuenti italiani.. -
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Thomas, la questione non è se ai consumatori importa o no dove è stato produtto un bene, bensì se hanno i soldi per comprarlo ! Perché se si chiudono le fabbriche, la gente rimane senza lavoro, quindi senza soldi e quindi non compra, in qualsiasi paese siano prodotti i beni. La Fiat produce auto in Serbia, in Polonia, in Ungheria ecc., ma lì non le venderà MAI perché gli operai guadagnano € 400 mensili e non si potranno mai permettere di comprare un'auto che ne costa 12-13.000 come minimo, d'altra parte chi in quelle nazioni ha i soldi, ce ne ha tanti e compra Audi Mercedes BMW Jaguar ecc., mica Fiat. In Italia succede lo stesso, anche se su scala diversa. Infatti l'unico posto dove la Fiat vende è in Brasile, la sola nazione dove ci sono impianti produttivi con operai che guadagnano abbastanza per potersi permettere di acquistare ciò che producono. Perché i paesi emergenti (o presunti tali) i beni di consumo se li producono da soli, da noi comprano le Ferrari, le Maserati, i vestiti di Armani e Valentino, il Brunello di Montalcino, mica le Fiat o i frigoriferi ... . -
ciaca.
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CITAZIONEIo credo che il costo del lavoro sia una scusa delle tante per delocalizzare. Se si analizzano i dati e i grafici dell' Eurostat si può notare che l'Italia è vicina alla media dell' UE, anzi, ha un costo del lavoro inferiore ai cosiddetti paesi ricchi, esclusa l' UK.
Quei grafici non tengono conto della pressione fiscale sul lavoro, pressione che in Italia è tra le più alte al mondo e ribalta completamente le conclusioni a cui si potrebbe giungere dalla semplice osservazione di quei grafici.
Saluti. -
.CITAZIONEIo credo che il costo del lavoro sia una scusa delle tante per delocalizzare. Se si analizzano i dati e i grafici dell' Eurostat si può notare che l'Italia è vicina alla media dell' UE, anzi, ha un costo del lavoro inferiore ai cosiddetti paesi ricchi, esclusa l' UK.
Quei grafici non tengono conto della pressione fiscale sul lavoro, pressione che in Italia è tra le più alte al mondo e ribalta completamente le conclusioni a cui si potrebbe giungere dalla semplice osservazione di quei grafici.
Saluti
Si ma la "scusa" di cui si parla è il costo del lavoro, non la pressione fiscale.. -
ciaca.
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Quei grafici non tengono conto della pressione fiscale sul lavoro, pressione che in Italia è tra le più alte al mondo e ribalta completamente le conclusioni a cui si potrebbe giungere dalla semplice osservazione di quei grafici.
Saluti
Si ma la "scusa" di cui si parla è il costo del lavoro, non la pressione fiscale.
Appunto, per le imprese il costo del lavoro è la busta paga maggiorata delle ritenute fiscali
Se per metterti in tasca 1600 euro io ne devo spendere 3000, il mio costo è 3000 non 1600.
SSS. -
.Si ma la "scusa" di cui si parla è il costo del lavoro, non la pressione fiscale.
Appunto, per le imprese il costo del lavoro è la busta paga maggiorata delle ritenute fiscali
Se per metterti in tasca 1600 euro io ne devo spendere 3000, il mio costo è 3000 non 1600.
SSS
Penso che tu abbia frainteso quello che volevo dire. Il costo del lavoro non è poi il maggior problema, ma ci sono tutte le altre voci, quelle che tu hai menzionato, che continuano a incentivare l'abbandono delle aziende oramai stremate dal prelievo forzoso fiscale.
E poi, anche se il costo del lavoro fosse azzerato, sarebbe comunque più alto della Polonia.
In Germania hanno un costo del lavoro più alto ma chissa come mai sono più produttivi, efficienti, e con un miglior salario. Beati loro che non hanno parassiti da mantenere.. -
ciaca.
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In germania non hanno affatto un costo del lavoro più alto, perchè la pressione fiscale sul lavoro (che ricade sulle imprese) è molto più bassa. È il famoso "cuneo fiscale" (ossia la differenza tra ciò che l'impresa deve pagare e ciò che fisicamente entra in tasca alla forza lavoro) che in Italia ha raggiunto livelli insostenibili, come ogni altra pressione fiscale sul reddito d'impresa (e non solo sul reddito, pure sui COSTI!).
Poi è chiaro che Non è l'unico gap di competitività, sono tutti effetti dello stesso sistema sgangherato e insostenibile su cui si regge sta fogna di paese.
SSS. -
.In germania non hanno affatto un costo del lavoro più alto, perchè la pressione fiscale sul lavoro (che ricade sulle imprese) è molto più bassa. È il famoso "cuneo fiscale" (ossia la differenza tra ciò che l'impresa deve pagare e ciò che fisicamente entra in tasca alla forza lavoro) che in Italia ha raggiunto livelli insostenibili, come ogni altra pressione fiscale sul reddito d'impresa (e non solo sul reddito, pure sui COSTI!).
Poi è chiaro che Non è l'unico gap di competitività, sono tutti effetti dello stesso sistema sgangherato e insostenibile su cui si regge sta fogna di paese.
SSS
Quoto.. -
ciaca.
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La svedese Electrolux, che produce elettrodomestici, avrebbe chiesto un taglio dello stipendio dei suoi dipendenti da 1.400 euro a 800. In caso di rifiuto trasferirà la produzione in Polonia e in Ungheria. In seguito è stato comunicato che il sacrificio è di minore entità. L'Electrolux ha 3.900 dipendenti in quattro stabilimenti: Solaro, Forlì, Susegana e Porcia. Quest'ultimo, vicino a Pordenone, sarà chiuso in ogni caso e le 1.200 maestranze licenziate. E' subito partita la canea dei sindacati, dei "ricatti occupazionali", del "comportamento inaccettabile", ma anche della "dittatura dei mercati" e della "Europa matrigna". Un pianto unico, lacrime di coccodrillo. C'è perfino chi si appella al Governo, a Zanonato e a Letta Nipote. Non è ancora partita una supplica a Napolitano reduce dalla Terra dei Fuochi e una raccolta di firme dei radical chic per lo Ius Electrolux. Questione di tempo. L'Electrolux leva le tende e taglia i salari e nessuno si chiede il perché. E' il segreto di Pulcinella e di Saccomanni, quello che passa il suo tempo dentro un tunnel ad aspettare la luce. L'Italia ha tra i più bassi stipendi d'Europa e il costo del lavoro più alto. Non è una contraddizione. Quasi tutto si perde per strada come in una conduttura bucata. Tra l'azienda e le maestranze c'è il pappone: lo Stato. Un'azienda paga circa 2,5 volte lo stipendio reale: 1,5 allo Stato, 1 all'operaio o all'impiegato. Per dare 1.400 netti Electrolux ne sborsa circa 3.500. Sarebbe logico e corretto quindi che in una situazione di difficoltà, lo Stato rinunciasse a parte dei suoi ricchi e ingiustificati introiti e non il dipendente. E sarebbe alquanto meritorio se lo Stato non spolpasse le aziende e i lavoratori con una tassazione immonda e cominciasse immediatamente a diminuirla per dare ossigeno all'economia reale. Perché un'azienda straniera dovrebbe venire, o restare, in Italia? Per pagare più tasse a uno Stato che dilapida buona parte dei suoi incassi di 800 miliardi all'anno? Se altrove il costo del lavoro è più basso, l'azienda andrà in Polonia, in Irlanda, in Romania, in Spagna e perfino in Germania. Quasi ovunque in Europa il costo del lavoro e le tasse sono minori, la burocrazia non è asfissiante come in Italia, la giustizia funziona meglio (in Italia ci sono 9 milioni di processi pendenti) e i servizi, a iniziare da quelli digitali, esistono veramente, non solo nelle pubblicità del governo. Electrolux dovrebbe tagliare lo stipendio allo Stato, non ai lavoratori.
Beppegrillo.it. -
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Lo capiranno, o meglio, la smetteranno quando oramai non ci sarà più nulla da succhiare. . -
.(IMG:www.beppegrillo.it/immagini/immagini/saccomanni_luce.jpg)
La svedese Electrolux, che produce elettrodomestici, avrebbe chiesto un taglio dello stipendio dei suoi dipendenti da 1.400 euro a 800. In caso di rifiuto trasferirà la produzione in Polonia e in Ungheria. In seguito è stato comunicato che il sacrificio è di minore entità. L'Electrolux ha 3.900 dipendenti in quattro stabilimenti: Solaro, Forlì, Susegana e Porcia. Quest'ultimo, vicino a Pordenone, sarà chiuso in ogni caso e le 1.200 maestranze licenziate. E' subito partita la canea dei sindacati, dei "ricatti occupazionali", del "comportamento inaccettabile", ma anche della "dittatura dei mercati" e della "Europa matrigna". Un pianto unico, lacrime di coccodrillo. C'è perfino chi si appella al Governo, a Zanonato e a Letta Nipote. Non è ancora partita una supplica a Napolitano reduce dalla Terra dei Fuochi e una raccolta di firme dei radical chic per lo Ius Electrolux. Questione di tempo. L'Electrolux leva le tende e taglia i salari e nessuno si chiede il perché. E' il segreto di Pulcinella e di Saccomanni, quello che passa il suo tempo dentro un tunnel ad aspettare la luce. L'Italia ha tra i più bassi stipendi d'Europa e il costo del lavoro più alto. Non è una contraddizione. Quasi tutto si perde per strada come in una conduttura bucata. Tra l'azienda e le maestranze c'è il pappone: lo Stato. Un'azienda paga circa 2,5 volte lo stipendio reale: 1,5 allo Stato, 1 all'operaio o all'impiegato. Per dare 1.400 netti Electrolux ne sborsa circa 3.500. Sarebbe logico e corretto quindi che in una situazione di difficoltà, lo Stato rinunciasse a parte dei suoi ricchi e ingiustificati introiti e non il dipendente. E sarebbe alquanto meritorio se lo Stato non spolpasse le aziende e i lavoratori con una tassazione immonda e cominciasse immediatamente a diminuirla per dare ossigeno all'economia reale. Perché un'azienda straniera dovrebbe venire, o restare, in Italia? Per pagare più tasse a uno Stato che dilapida buona parte dei suoi incassi di 800 miliardi all'anno? Se altrove il costo del lavoro è più basso, l'azienda andrà in Polonia, in Irlanda, in Romania, in Spagna e perfino in Germania. Quasi ovunque in Europa il costo del lavoro e le tasse sono minori, la burocrazia non è asfissiante come in Italia, la giustizia funziona meglio (in Italia ci sono 9 milioni di processi pendenti) e i servizi, a iniziare da quelli digitali, esistono veramente, non solo nelle pubblicità del governo. Electrolux dovrebbe tagliare lo stipendio allo Stato, non ai lavoratori.
Beppegrillo.it
Come darti torto, siamo in una situazione veramente pietosa....