Zenith "El Primero": la nascita, il salvataggio, la riscoperta

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    CITAZIONE (nicola1960 @ 25/8/2008, 00:01)
    La nascita
    Il leggendario "El Primero", così come fu battezzato dai suoi creatori, ha ripagato, con il successo ottenuto, lo sforzo che aveva portato alla sua nascita nel 1969.
    Il meccanismo è un incredibile esempio di longevità orologiera, e in questi quarant’anni di vita ha mosso le lancette di numerosi modelli della vasta collezione firmata Zenith, equipaggiando, a dire il vero, anche quelli di altre Case prestigiose.

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    Ritornando a quei giorni di oltre quarant’anni fa, i tecnici i della Zenith, già nel 1962 avevano iniziato studi, progettazioni e ricerche per realizzare un movimento cronografico integrato con ruota a colonna, ricarica automatica con rotore centrale e data; esso, inizialmente, doveva essere realizzato per il centenario della Maison del 1965.

    Le ditte concorrenti, costituenti il “team Chronomatic”, Breitling, Hamilton-Büren, Heuer e Dubois-Depraz, avevano optato, invece, per un cronografo modulare con smistamento a navetta. E’ curioso ricordare che, durante la realizzazione di questo progetto, agli addetti delle Aziende partecipanti fu proibito il pronunciare la frase: “ cronografo automatico”; J. Heuer ricorda che suo padre, che aveva prestato servizio come Generale di Brigata nell'esercito svizzero, aveva insistito che il progetto Chronomatic avesse un nome in codice: il progetto fu, quindi, segretamente conosciuto, all’interno del consorzio, come “Progetto 99”.

    Zenith aveva assorbito la Martel Watch Company, fondata nel 1911 nella cittadina di Les Ponts-de-Martel, fin dal 1960 e la tecnologia e le conoscenze tecniche di questa Azienda, specializzata nella produzione di cronografi (i calibri Zenith 146 and 156, rispettivamente da 14 e 15 linee erano prodotti sulla base di calibri forniti dalla Martel) furono certamente importanti nello sviluppo del nuovo movimento. Ed sarà proprio nelle antiche officine della Martel Watch che verranno successivamente prodotti i calibri de “El Primero”.
    La Zenith scelse di conservare la ruota a colonna in un movimento cronografico mentre la maggior parte degli altri marchi aveva già abbandonato tale sistema.
    Anche allora, come oggi, la tecnologia con la quale poteva essere prodotto un cronografo era di due tipi: quella con ruota a colonne e quella a navetta (o a camma).
    Nel tipo con ruota a colonne i tre comandi basilari (partenza, arresto, azzeramento) sono presieduti dalla ruota a colonne, che assolve il proprio compito ruotando, spostando così in vario modo le leve che attivano le varie funzioni del cronografo.
    Nel tipo invece a navetta la centrale di comando è costituita da una piastrina, chiamata appunto navetta, che non ha un movimento rotatorio, ma laterale ed angolare, scivolando avanti ed indietro sul piano sul quale è appoggiata.
    In meccanica i movimenti provocati dalla rotazione di una ruota risultano molto più affidabili di quelli generati da una navetta che espleta la sua azione su dei movimenti composti da slittamento e contemporaneamente da piccole rotazioni angolari che portano le sue piccole protuberanze ad agire su delle leve. Queste protuberanze sono soggette ad usura ma, soprattutto, possono non riuscire, in certe condizioni, a provocare il giusto spostamento delle leve da esse comandate.

    In verità, la ruota a colonne del calibro “El Primero”, centro di comando del cronografo, era stata elaborata secondo un progetto esclusivo della Casa che al posto delle consuete colonne aveva previsto una corona tagliata, particolarmente robusta.

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    Sebbene non sia possibile appurarlo con certezza, è probabile che l’obiettivo di un calibro funzionante a 36.000 Alt./h non era nelle specifiche tecniche iniziali del progetto e che fu durante la realizzazione dei prototipi che questa idea fu, successivamente, fatta propria dagli ingegneri della Zenith, partendo dai progetti di altre aziende che avevano già sviluppato questa tecnologia.

    Infatti, già diversi marchi avevano condotto test e ricerche per trovare la migliore funzione tra il diametro del calibro ed il più alto numero possibile di alternanze /ora.

    I primi movimenti sperimentali “ad alta frequenza” furono sviluppati da Girard-Perregaux come i calibri GP 31.7 e 32.7, rispettivamente nel 1961 e nel 1965. Questi erano i basati sul calibro 1920 di A. Schild, derivato del calibro AS 1716.

    Favre-Leuba condusse delle prove su questi calibri ad alta frequenza, testanto quattrocento movimenti, altrimenti identici, forniti dalla stessa Girard-Perregaux, comparando duecento movimenti con frequenza di 21.600 Alt/h (3Hz) e duecento movimenti con 36.000 Alt/h (5 HZ): i risultati comparativi dimostrarono la maggior precisione dei movimenti ad alta frequenza, che fu in parte attribuita ad un minor calo nell'ampiezza di oscillazione del bilanciere che si verificava spostando l’orologio dalle posizioni verticali verso le posizioni orizzontali.

    Nel 1966 alla Fiera di Basilea, Girard-Perregaux presentò il primo orologio commercializzato in serie dotato del calibro cronometrico ad alta frequenza 32.A (derivato dal calibro sperimentale 32.7) che fu utilizzato anche nelle competizioni di cronometria che si svolgevano all’epoca (gli orologi con questo movimento erano straordinariamente precisi. Così precisi che, infatti, il 70% dei certificato di cronometro rilasciati nel 1967 dall’Osservatorio di Neuchâtel erano cronometri Girard-Perregaux ad alta frequenza).
    Si trattava di un calibro da 11 ½ ‘“, di 25,6 mm di diametro 5,05 mm di spessore, con data, ma senza regolazione rapida della stessa data. La ridotta riserva di carica, determinata dal maggior dispendio energetico determinato dallo scappamento ad alta frequenza, fu migliorata con il successivo calibro 42 GP, mediante una nuova molla del bariletto di carica, oggetto di brevetto insieme alla regolazione fine della racchetta.

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    Anche la Longines nella primavera del 1967, per celebrare il centenario della fondazione della Casa, lanciò la sua versione di orologio automatico ad alta frequenza di 36.000 Alt/h: il movimento, con una riserva di carica di 42 ore, fu catalogato come calibro 430, anche se l’orologio è stato conosciuto comunemente come Ultra-Chron.

    I tecnici della Movado e della Zenith furono ben presto attratti da questi progetti che erano agli inizi, immaginando che questa alta frequenza potesse contrastare la concorrenza degli orologi al quarzo che di lì a poco sarebbero stati immessi sul mercato.

    Considerando che, per aumentare la potenza del bilanciere spirale, e quindi per aumentare la precisione con la quale quest’ultimo divide il tempo, bisogna aumentare i fattori dai quali tale potenza dipende, come appunto è la frequenza di oscillazione, e tenendo presente che tale potenza è proporzionale al cubo della frequenza stessa, è intuitivo che se essa viene raddoppiata (come accade passando da 18.000 a 36.000 A/h) il potere di regolazione aumenta di otto volte: di conseguenza aumenta di altrettante volte, almeno teoricamente, la precisione dell’orologio.
    Inoltre, c’è da aggiungere che, sempre raddoppiando la frequenza, si ottiene l’effetto di diminuire, di ben quattro volte le conseguenze dello squilibrio del bilanciere e della spirale, conseguenze deleterie sulla regolarità di marcia dell’orologio nelle varie posizioni: ciò significa, in altre parole, che l’orologio stesso viene quasi ad essere svincolato dalla servitù di dover marciare in una posizione fissa per cavarne buone prestazioni cronometriche. L’orologio diviene così sempre più portabile e preciso in qualsivoglia posizione nello spazio.

    Ma l’aumento della frequenza di oscillazione a 36.000 Alt/h determinò la necessità di risolvere altri gravi problemi.

    Si dovette progettare e costruire una ruota di scappamento con 21 denti, il Clinergic 21, ideata nel 1966 da A. Simon-Vermont per Frabriques d’Assortiments Réunies (FAR), di Le Locle, ora parte del gruppo Swatch, aumentandone le dimensioni rispetto ad una ruota tradizionale a 15 denti senza aumentarne il peso per non incrementare l’inerzia della ruota.
    Si dovette, inoltre, progettare un tipo di ancora abbastanza diversa da quella tradizionale, più piccola e meno spessa di quest’ultima, con bracci rinforzati.
    L’asse dell’ancora dovette essere posizionato esattamente al centro tra l’asse della ruota di scappamento e quello del bilanciere, fatto che non si registra nello scappamento tradizionale a 15 denti.
    L’impegno totale (la quantità di dente che si appoggia sulla leva dell’ancora quando questa è nella sua fase di riposo) dovette passare da 0,15 mm, come si registra in uno scappamento normale, ad un valore addirittura dimezzato, vale a dire a 6/7 centesimi di millimetro.
    Infine, a causa dell’alta frequenza del calibro e dell’eccezionali forze centrifughe che ne derivavano, la lubrificazione tradizionale delle parti era impossibile perché i lubrificanti tradizionali si erano dimostrati inadatti, essendo troppo filamentosi per l’alta velocità con la quale avvengono il disimpegno e l’impulso e questi, di conseguenza, ne sarebbero risultati notevolmente rallentati: si decise quindi di passare ad una lubrificazione a secco, con polvere microfine di Bisolfuro di Molibdeno. Questa sostanza minerale, chimicamente e temicamente molto stabile, è costituita da microsfere del diametro di 0,5 micron: interposta tra due elementi che fanno attrito tra di loro, si ha lo stesso effetto che si otterrebbe ponendo tra le due parti dei microscopici cuscinetti a sfere.

    L’organo regolatore fu equipaggiato con un porta-pitone mobile e con una racchetta di regolazione in due pezzi con regolazione fine con vite eccentrica.
    Il bilanciere in glucidur, montava una spirale autocompensatrice amagnetica Nivarox I; i pivots dell’asse del bilanciere erano protetti dagli urti con il sistema Incabloc.

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    Poichè l’orologio in fase di progettazione era anche un cronografo, per essere all’avanguardia, doveva poter scandire il decimo di secondo: ed il decimo di secondo è appunto ottenibile solo in orologi il cui bilanciere oscilli con 36.000 Alt/h. Sebbene poi questa possibilità teorica non si traduca realmente in una maggiore utilità pratica nella misurazione della durata di un evento, considerando che il tempo di reazione umano combinato con il tempo necessario per azionare il meccanismo di arresto possono determinare errori nella rilevazione con una risoluzione superiore ad un decimo di secondo, pur tuttavia la superiorità teorica di un movimento a 36.000 Alt/h fu difficile da confutare.

    Infine, la Zenith aveva deciso che tale meccanismo cronografico ad alta frequenza fosse assemblato in nuovo calibro a carica automatica, per essere all’avanguardia e consentire all’Azienda di continuarne la produzione di fronte all’imminente arrivo della tecnologia del quarzo.
    Un orologio a ricarica automatica, oltre a non aver bisogno della continua ricarica manuale, ha la possibilità di sfruttare una forza pressoché costante della molla del bariletto nell’arco della giornata. Ciò perché i continui movimenti del braccio mantengono alto lo stato di carica della molla. La molla può, quindi, godere di una forza costante che si trasforma in impulsi di intensità altrettanto costante al bilanciere che, a loro volta, generano nel bilanciere stesso oscillazioni di ampiezza omogenea, caratteristica, questa, irrinunciabile per trarre dall’orologio meccanico buone prestazioni cronometriche.
    Il dispositivo di ricarica automatica disponeva di un rotore ad alta inerzia, ottenuto appesantendo il rotore alla sua periferia con un segmento esterno di carburo di tungsteno ad elevata densità ed una parte centrale fenestrata ed elastica che fungeva da ammortizzatore in caso di urto violento; era montato su sei cuscinetti a sfere e con ricarica funzionante nei suoi due sensi di rotazione: il rotore diventava così sensibile anche ai più piccoli spostamenti del braccio.

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    Nonostante i progressivi miglioramenti, il lavoro del progetto fu sospeso più volte, cosìcchè fu necessario attendere fino al dicembre del 1968 prima che la Zenith potesse disporre del suo primo prototipo.
    All’epoca, la Zenith aveva programmato di presentare il suo cronografo automatico nell’Aprile del 1969 alla Fiera di Basilea, ma cominciarono a circolare notizie, che probabilmente ebbero origine all’interno delle piccole aziende che collaboravano per la componentistica del “team Chronomatic”, che il gruppo Breitling, Hamilton-Büren, Heuer e Dubois-Depraz avrebbe presentato il proprio cronografo automatico prima della Fiera di Basilea. Ciò indusse la Zenith a fare un annuncio preventivo del suo movimento cronografico, indicendo una piccola conferenza stampa, riportata solo nei giornali locali e regionali svizzeri, durante la quale fu mostrato un prototipo funzionante del loro cronografo automatico.
    Il nuovo calibro 3019 PHC (è probabile, anche se non sicuro, che la sigla PHC stia per: Project High-Frequency Chronograph), da 13 e ¼ ’” pari a 30 mm, 6,5 mm di altezza, fu presentato alla stampa dalla Zenith il 10 Gennaio del 1969; il calibro con calendario completo e fasi di luna, che di lì a poco sarà prodotto, fu denominato 3019 PHF (F= Full Calendar [?]): quest’ultimo, sempre di 13 e ¼ “’, altezza di 7,55 mm, conservava lo scatto istantaneo della data, intorno alla mezzanotte, e la correzione ultra-rapida della stessa e vi aggiungeva l’indicazione del giorno e delle fasi lunari, anch’esso con scatto istantaneo, e del mese con scatto semi-istantaneo ( anche il passaggio della data dal 31 all’1 era di tipo semi-istantaneo).

    In ogni caso, la Zenith per sottolineare con maggior forza il concetto di essere stata la prima Azienda a costruire il primo cronografo automatico, chiamò il nuovo orologio "El Primero", il “Primo” in lingua spagnola, anche se questi modelli furono disponibili al pubblico solo nell’ottobre del 1969.

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    Il progetto concorrente del “team Chronomatic”, fu presentato, invece, il 3 marzo dello stesso anno.

    Sempre nel 1969, il 19 settembre la Zenith divenne membro della Holding Mondia-Zenith-Movado (MZM).

    Ma la crisi incombeva…

    Il salvataggio

    Nel giugno del 1971 l’americana Zenith Radio Corporation (per ironia della sorte, l’Azienda statunitense, specializzata in tecnologia radio-televisiva, aveva lo stesso nome della Manifattura di Le Locle e ciò ebbe delle conseguenze negative in seguito, come vedremo più avanti) divenne azionista di maggioranza del gruppo Mondia-Zenith-Movado e lo battezzò Zenith Time SA.

    La storia del “El Primero”, che si sarebbe forse interrotta negli anni 70, a seguito della produzione degli orologi al quarzo, continuò, secondo la leggenda, grazie a un tecnico orologiaio della Zenith, Charles Vermot che negli anni ’70 fù l’artefice del salvataggio del famoso calibro dall’iconoclastia elettronica degli americani.

    La rivoluzione elettronica e l’avvento del quarzo avevano indotto l’intero settore a rivedere la sua produzione, ma i cambiamenti stavano portando scompensi a tutta l’economia della regione. L’ordine era, ovunque, di gettare alle ortiche parte della tradizione meccanica e i suoi metodi di fabbricazione, senza curarsi delle implicazioni che questo poteva avere sul piano economico e sociale. Molte fabbriche, in seguito ad una stagnazione che si trascinava dal decennio precedente, chiusero i battenti e un numero impressionante di addetti si trovò senza lavoro.
    Anche alla Zenith lo scossone non fu da meno, con stravolgimenti dal punto di vista logistico e amministrativo, ma i dollari dei nuovi investitori, arrivati nel 1972, sembravano convincere tutti che i profitti sarebbero passati, d’ora in poi, per l’elettronica. La crisi sembrava dovesse essere risolta con l’arrivo massiccio dei capitali americani, ma in realtà il pragmatismo che si portavano dietro peggiorò le cose. La nuova proprietà aveva deciso l’accantonamento della tradizione produttiva e, quindi, l’abbandono di un gioiello come El Primero : infatti, la Direzione della Zenith aveva deciso di rivendere ad una azienda agro-alimentare gli ateliers di Les Pont-de-Martel, dove venivano prodotti fin dal 1969 i calibri de “El Primero”, nelle antiche officine della Martel Watch.

    I suoi elevatissimi contenuti tecnici, la sua perfezione realizzativa, il suo incredibile spessore non interessavano più a nessuno: fare un orologio al quarzo costava di meno e rendeva di più.

    Monsieur Charles Vermot lavorava nel settore dal 1936, e dal l’inizio degli anni ’40 si era specializzato nei cronografi.

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    L’idea che fosse abbandonata la realizzazione di quel calibro cronografico così perfetto, gli appariva, però, come un’offesa al buon senso, sperando che sarebbero tornati tempi migliori per l’orologeria meccanica.
    In questo contesto, nacque la decisione di copiare, di nascosto e in disobbedienza alle direttive dei vertici della Maison, i progetti, le matrici e gli utensili necessari per la fabbricazione del celebre calibro.
    Decise, allora, di conservare gli elementi che, un giorno, avrebbero permesso di riportarlo in vita semplicemente conservandone la memoria a vantaggi della Maison stessa per il futuro. Rubando alcune ore ai suoi nuovi incarichi, rimanendo oltre il dovuto sul posto di lavoro e accedendo furtivamente agli schedari e ai magazzini della Manifattura, iniziò una sua personale opera di catalogazione e conservazione dei piani e dei progetti utili per la sua costruzione: recensì, etichettò e classificò i vari piani tecnici, molti dei quali riproducendoli a mano; lo stesso fece per le matrici e gli utensili necessari alla fabbricazione. Il difficile fu, però, non tanto reperire il materiale, anche perché, al di là di tutto, gli americani erano completamente disinteressati all’argomento, quanto farlo uscire senza essere scoperto. Decise, allora, di disseminare il "tesoro" nelle soffitte delle diverse sedi del gruppo Zenith, usufruendo dei continui traslochi che, in quei tempi, stavano cambiando il volto logistico della Maison.

    Nel giugno del 1978 gli americani abbandonarono il ponte di comando (con la clausola che la Manifattura svizzera Zenith non avrebbe potuto vendere orologi negli U.S.A e nel Canada con il proprio nome, stante l’omonimia con la Società Zenith Radio Corporation che aveva il marchio già registrato; tale problema è stato risolto completamente solo nel 2001 con un accordo ed il pagamento di royaltes, per un certo periodo di tempo, per ciascun orologio venduto negli U.S.A.) ed il gruppo ritornò nelle mai di investitori svizzeri con Dixi, ditta finanziaria e di costruzioni meccaniche, guidata dallo svizzero Paul Castella e dall’inglese Michael J.Pannet come azionisti di maggioranza, mentre nel 1984 la Movado fù acquistata dalla North American Watch Co ed il nome Zenith riapparve da solo sui quadranti degli orologi.

    Nel passato, il gruppo Dixi, che era stato fondato verso la fine del 19° secolo nella stessa cittadina di Le Locle dalla Casa manifatturiera Le Phare come Divisione meccanica, si era occupato dello sviluppo e della fabbricazione delle attrezzature per la produzione dei movimenti d’orologi, dando un contributo significativo alla diffusione degli orologi da polso con la creazione di una macchina automatica che garantirà una precisione inedita alla fabbricazione in serie dei movimenti di formato ridotto.
    Infatti, Georges-Perreneoud-Jacot, ingegnere della Dixi, nel 1910 aveva brevettato la perforatice automatica, che si diffonderà in tutte le fabbriche d’orologeria: lo strumento, basato sul sistema delle coordinate rettangolari, possedeva due guide di scorrimento ad angolo retto che consentivano di individuare il punto da perforare sulla platina o sui ponti con una precisione mai raggiunta in precedenza.
    Negli anni seguenti, i tecnici della Dixi, compiranno ulteriori progressi grazie alle macchine per la rettifica simultanea dei fori, che permettevano operazioni con tolleranze inferiori al centesimo di millimetro e con gli strumenti a controllo ottico grazie ai quali l’immagine dei pezzi lavorati poteva essere ingrandita fino a 100 volte.
    Tutte queste nuove macchine e tecniche di produzione, contribuiranno in modo decisivo a rendere più intercambiabili i movimenti degli orologi.

    Con gli anni, comunque, la Dixi si era sviluppata come principale succursale della Compagnia ed aveva acquisito sempre maggiore indipendenza, divenendo essa stessa produttrice di orologi, a seguito dell’acquisto della marca d’orologi “Paul Buhrè” nel 1963, seguita dalla “Luxor” nel 1978 e dalla “Zodiac” nel 1979.
    Come conseguenza della partecipazione a questo Gruppo svizzero, che includeva Dixi Mikrotechnik SA, Dixi Maschinenbau SA, Dixi Zylinder Shock Absorption SA e Dixi Werkzeuge SA, la Zenith poteva rimanere indipendente, considerate le ampie disponibilità finanziarie; ma, poichè gli investimenti furono finanziati esclusivamente con i fondi derivanti dai ricavi proprii del Gruppo, solo che ciò che era assolutamente necessario fu realizzato.

    Come vedremo più avanti, quando negli anni 80 si registrò una rinnovata passione per l’orologeria meccanica, si potè dare al nuovo direttore generale la buona notizia: El Primero era salvo.

    La riscoperta

    Nel 1981, Pierre-Alain Blum, nipote del fondatore Eugene Blum ed allora proprietario della Ebel, aveva in proposito di produrre un cronografo meccanico interessante con un calibro esclusivo. Egli trovò quello che stava cercando nella Zenith ed in Charles Vermot.

    Ebel acquistò numerosi esemplari del calibro e nel 1982 lanciò il cronografo Sport Automatique, equipaggiato col calibro ”El Primero”; il successo fu poi riconfermato con la messa in vendita del cronografo con calendario perpetuo (con modulo Dubois-Depraz) nel 1983: in questo modo, il calibro Zenith 3019 fu di nuovo salutato con entusiasmo dagli appassionati di tutto il mondo, spingendo i fabbricanti della Zenith a riconsiderare le cose nel 1985. Dopo le opportune considerazioni, essi decisero, quindi, di far rivivere il calibro nel 1986, potendo largamente disporre dei calibri ancora presenti nei magazzini di deposito.

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    I rappresentanti della Rolex vennero a bussare alla porta della Zenith nel 1987 o forse nel 1988. Rolex intendeva restituire il leggendario cronografo Daytona alla sua fama. Dopo ampie discussioni, le due Aziende si accordarono per una versione completamente modificata del calibro, che avrebbe funzionato con una frequenza di 28.800 Alt/h ed avrebbe soppresso la data.
    Inoltre, la Rolex insistette sul fatto che la qualità delle ébauches dovesse significativamente superare la qualità di quelle presenti nei depositi della Zenith e, per questo motivo, la Zenith, una volta assicuratasi un congruo ordinativo di calibri, non ebbe altra scelta che riprendere la fabbricazione del calibro.

    La Direzione della Zenith si rivolse al Direttore Tecnico Jean-Pierre Gerber per studiare la fattibilità di una rimessa in produzione. Fù allora che Charles Vermot visse uno dei più bei momenti della sua vita e con le lacrime agli occhi per l'emozione, raccontò quanto aveva fatto nel lontano 1975 per fare in modo che il suo “prottetto” potesse nuovamente esser prodotto.

    La collaborazione con Rolex fu una benedizione per Zenith non solo in senso economico: “Furono i nostri migliori educatori” soleva ripetere Marc Roethlisberger, che lavorò per molti anni nella divisione di vendita dello Zenith. “E Charly Vermot salvò la nostra pelle”.

    Per ricompensarlo delle fortune che fecero seguito al sua precedente atto di ribellione, la Zenith regalò a Vermot un viaggio-premio a New-York ed un orologio, naturalmente un cronografo El Primero. “Fu contento con quel poco.” affermava Roethlisberger. “Vermot era un umile orologiaio per quale il benessere del suo datore di lavoro era di capitale importanza”.

    Comunque, la Zenith fornì alcuni tipi del suo calibro ad atri marchi emergenti quali Daniel Roth, Panerai, Parmigiani e Concord, provvedendo nel contempo a continuare lo sviluppo del calibro ed a migliorare il suo mitico movimento mediante nuove tecnologie di produzione.

    Così, negli anni più recenti, la Zenith ha realizzato, nel 1990, un modello cronografico con calendario semplice, in occasione del 125° anniversario della Casa: si trattava di una serie limitata a 500 esemplari in oro, 375 con quadrante bianco (Ref. 30.1250.400) e 125 (Ref. 30.1256.400) con quadrante silver; ed ha prodotto altri due preziosi cronografi, sempre in oro, nel 1991, in occasione della celebrazione dei 700 anni della Confederazione Elvetica: il primo modello, in 900 esemplari, era anch’esso un cronografo con calendario semplice, il secondo (Ref. 30.220.410) era dotato di calendario completo con fasi di luna, limitato a 250 esemplari; in queste occasioni ha leggermente modificato i vecchi calibri 3019 PHC e 3019 PHF, ribattezzandoli, rispettivamente, 40.0 e 41.0.

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    I disegni tecnici del “Primero” vennero interamente digitalizzati e trasferiti su computer per studiare l’automatizzazione di alcune lavorazioni, eseguendole con macchine a controllo numerico: i nuovi calibri, si differenziano per alcuni piccoli miglioramenti come il sistema antiurto Kif al posto dell’Incabloc, la modifica di alcuni componenti degli ingranaggi del datario: cricchi di bloccaggio, scattadata, sistemi di appoggio dei quadranti, ed, infine, il ridimensionamento di alcuni diametro dei perni e delle altezze dei pignoni, con il rocchetto dei minuti e la ruota delle ore più alti: in questo modo vi è un maggior spazio tra la lancetta dei secondi cronografici e quella delle ore.

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    Ulteriori perfezionamenti si sono avuti alla fine dell’anno 1998, con l’introduzione dei calibri “Z” (400Z, 405Z, 410Z e 420Z): in questo caso, sono stati leggermente modificati il ponte della cronografia, della forchetta dell’ancora, della ruota dei secondi (da una ruota a 100 denti, con 5 raggi si è passati ad una ruota con 120 denti con sei raggi) ed, infine, della ruota di scappamento (da una ruota con 21 denti ed un pignone con 7 alette si è passati ad una ruota con 20 denti ed un pignone con 8 alette); sono state migliorate anche le rifiniture con una decorazione a “perlage” della platina e dei ponte della cronografia.

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    Il 15 novembre 1999 la Zenith, che nei mesi precedenti era stata oggetto di interesse da parte della Samsung, la ben conosciuta industria coreana d’elettronica, la cui offerta di acquisto fu rifiutata, è stata rilevata dal gruppo L.V.M.H, dando origine ad una nuova era, certamente ricca di innovazioni tecnologiche ma anche di ardite scelte stilistiche che, tuttavia, non sempre sono state apprezzate dal Mercato italiano.

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    Bellissimo Articolo; molto dettagliato ed interessante......

    Complimenti


    onlyprecious

     
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