Esiste il discriminante tra passione e professione?

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    Buonasera a tutti, per curiosità sapete dirmi in modo oggettivo, con richiami normativi, dove stà il limite fiscale tra un appassionato che rivende e acquista orologi per passione o collezione e dove inizia l'obbligo di aprire una partita iva che richieda una posizione fiscale ben definita.
    La domanda mi è stata posta da un amico appassionato che stà gestendo la collezione del padre, mancato alcuni anni fa.
    Premettendo che nel caso in esame non vi sia alcuna pubblicità o un luogo di lavoro, ma semplicemente un collezionista che compra, rivende e che magari guadagna negli scambi tutto certificato nel suo conto corrente.
    Il buon senso mi direbbe: Se compravendi 100 orologi di pregio l'anno è palese, che la tua è un'attività che richiede una posizione fiscale, ma esiste un parametro discriminante?
    Grazie!

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    CITAZIONE (Maestro Gyoshin @ 22/12/2014, 23:16) 
    Buonasera a tutti, per curiosità sapete dirmi in modo oggettivo, con richiami normativi, dove stà il limite fiscale tra un appassionato che rivende e acquista orologi per passione o collezione e dove inizia l'obbligo di aprire una partita iva che richieda una posizione fiscale ben definita.
    La domanda mi è stata posta da un amico appassionato che stà gestendo la collezione del padre, mancato alcuni anni fa.
    Premettendo che nel caso in esame non vi sia alcuna pubblicità o un luogo di lavoro, ma semplicemente un collezionista che compra, rivende e che magari guadagna negli scambi tutto certificato nel suo conto corrente.
    Il buon senso mi direbbe: Se compravendi 100 orologi di pregio l'anno è palese, che la tua è un'attività che richiede una posizione fiscale, ma esiste un parametro discriminante?
    Grazie!

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    A parte il tuo buonsenso, il tuo...commercialista...cosa direbbe? :)
     
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    Non ho voluto scomodare il mio commercialista perchè mi occupo di altro e per me l'orologeria rimane solo una piacevole passione che mi fa volare lontano dallo stress lavorativo; Non credo sia una questione meramente fiscale, in cui si consideri il solo volume guadagnato.
    Per esempio un collezionista potrebbe vendere dei pezzi importanti dopo 20 anni e ricavarne un utile considerevole: "cosa deve fare aprire una partita iva per questo... non credo."
    Mi interesserebbe un riferimento oggettivo se qualcuno lo conoscesse.

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  4. bubba48
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    CITAZIONE (Maestro Gyoshin @ 23/12/2014, 00:32) 
    Non ho voluto scomodare il mio commercialista perchè mi occupo di altro e per me l'orologeria rimane solo una piacevole passione che mi fa volare lontano dallo stress lavorativo; Non credo sia una questione meramente fiscale, in cui si consideri il solo volume guadagnato.
    Per esempio un collezionista potrebbe vendere dei pezzi importanti dopo 20 anni e ricavarne un utile considerevole: "cosa deve fare aprire una partita iva per questo... non credo."
    Mi interesserebbe un riferimento oggettivo se qualcuno lo conoscesse.

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    Se si tratta di un "privato" che vive di altro e che sta liquidando la propria collezione comprata/acquisita regolarmente, non ha bisogno di una partita IVA, è sufficiente che denunci gli introiti derivanti dalla vendita.
     
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  5. ciaca
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    CITAZIONE
    è sufficiente che denunci gli introiti derivanti dalla vendita.

    Non mi risulta che un privato debba "denunciare" alcunchè.
    Il ricavato della vendita delle proprie cose, se la vendita non si configura come un'attività economica, ai,fini fiscali non è considerato un reddito e non deve quindi essere "dichiarato", ne nella propria "denuncia dei redditi" ne a qualunque altro titolo.
    Si "denuncia" (al pra ed esclusivamente per ragioni amministrative) la vendita di un'automobile, non quella di un orologio o di una penna o di ogni altro oggetto "mobile".

    I beni mobili, per altro, non sono neanche soggetti a denuncia in dichiarazione di successione, proprio per la loro natura "mobile". Non sono titoli, ne partecipazioni e neanche immobili; la relativa proprietà non deve essere denunciata ne registrata, quindi non esiste alcun obbligo di comunicazione di alcun tipo inerente la vendita di un orologio, di una bicicletta, o di un qualunque altro oggetto a titolo privato.
    L'unico obbligo in una compravendita tra privati è quello relativo ai limiti oltre i quali la transazione deve essere tacciabile e non può essere effettuata in contanti.
    Neanche i ricavi da vendita di immobili per altro sono più soggetti a dichiarazione; se detenuti da privati da più da cinque anni, infatti, sono esenti da tassazione sull'eventuale plusvalenza e non vanno indicati nell'apposito quadro della propria dichiarazione dei redditi.

    Il problema posto dall'opener è proprio questo: quando la vendita di propri oggetti diventa tale, agli occhi del fisco, da essere considerata attività economica e quindi essere passibile di relativa dichiarazione e conseguente tassazione? Esiste un "volume" tale da discernere un'attività economica soggetta a tassazione da una normale vendita? Se un individuo porta n pezzi d'oro al banco dei pegni o ai compro oro, o mette all'asta n orologi o ancora vende a privati n gioielli e pietre preziose, qual'è quel valore di n oltre il quale il fisco lo considera un commerciante in nero?

    La risposta non esiste, nel senso che è tutto lasciato al buon senso e al libero arbitrio dei funzionari dell'ade che dovessero prendere in esame la posizione dell'eventuale soggetto.
    E nel caso di collezioni importanti, fatte di molti pezzi e quindi di molteplici transazioni tracciabili, non è affatto scontato che lo zelante funzionario di turno non le scambi, appunto, come il frutto di un'attività commerciale esercitata in nero.
    E siccome siamo nella repubblica delle banane, sempre più stato di polizia fiscale, c'è da aspettarsi di tutto, anche il surreale.
    In questo paese, infatti, sempre più il patrimonio è considerato presuntivamente un crimine, se non altro frutto di attività di evasione d'imposta. Con tutto ciò che ne consegue.

    Edited by ciaca - 23/12/2014, 02:17
     
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    CITAZIONE (ciaca @ 23/12/2014, 01:51) 
    Non mi risulta che un privato debba "denunciare" alcunchè.
    Il ricavato della vendita delle proprie cose, se la vendita non si configura come un'attività economica, ai,fini fiscali non è considerato un reddito e non deve quindi essere "dichiarato", ne nella propria "denuncia dei redditi" ne a qualunque altro titolo.
    Si "denuncia" (al pra ed esclusivamente per ragioni amministrative) la vendita di un'automobile, non quella di un orologio o di una penna o di ogni altro oggetto "mobile".

    I beni mobili, per altro, non sono neanche soggetti a denuncia in dichiarazione di successione, proprio per la loro natura "mobile". Non sono titoli, ne partecipazioni e neanche immobili; la relativa proprietà non deve essere denunciata ne registrata, quindi non esiste alcun obbligo di comunicazione di alcun tipo inerente la vendita di un orologio, di una bicicletta, o di un qualunque altro oggetto a titolo privato.
    L'unico obbligo in una compravendita tra privati è quello relativo ai limiti oltre i quali la transazione deve essere tacciabile e non può essere effettuata in contanti.
    Neanche i ricavi da vendita di immobili per altro sono più soggetti a dichiarazione; se detenuti da privati da più da cinque anni, infatti, sono esenti da tassazione sull'eventuale plusvalenza e non vanno indicati nell'apposito quadro della propria dichiarazione dei redditi.

    Il problema posto dall'opener è proprio questo: quando la vendita di propri oggetti diventa tale, agli occhi del fisco, da essere considerata attività economica e quindi essere passibile di relativa dichiarazione e conseguente tassazione? Esiste un "volume" tale da discernere un'attività economica soggetta a tassazione da una normale vendita? Se un individuo porta n pezzi d'oro al banco dei pegni o ai compro oro, o mette all'asta n orologi o ancora vende a privati n gioielli e pietre preziose, qual'è quel valore di n oltre il quale il fisco lo considera un commerciante in nero?

    La risposta non esiste, nel senso che è tutto lasciato al buon senso e al libero arbitrio dei funzionari dell'ade che dovessero prendere in esame la posizione dell'eventuale soggetto.
    E nel caso di collezioni importanti, fatte di molti pezzi e quindi di molteplici transazioni tracciabili, non è affatto scontato che lo zelante funzionario di turno non le scambi, appunto, come il frutto di un'attività commerciale esercitata in nero.
    E siccome siamo nella repubblica delle banane, sempre più stato di polizia fiscale, c'è da aspettarsi di tutto, anche il surreale.
    In questo paese, infatti, sempre più il patrimonio è considerato presuntivamente un crimine, se non altro frutto di attività di evasione d'imposta. Con tutto ciò che ne consegue.

    Paese impazzito, clima da caccia alle streghe.
     
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    CITAZIONE (ciaca @ 23/12/2014, 01:51) 
    ...
    I beni mobili, per altro, non sono neanche soggetti a denuncia in dichiarazione di successione, proprio per la loro natura "mobile"...

    Se ricordo bene e se non è cambiata la norma, il limite per i beni mobili caduti in successione è di UN milione di euro ;)

    Quindi se in successione ci fossero beni mobili (gioielli, orologi, quadri, etc...) che superano tale valore andrebbero dichiarati e dovrebbero essere oggetto di perizia da parte di esperti, in casi particolari anche alla presenza di un funzionario dell'AdE.

    Nel caso specifico posto da Maestro Gyoshin non concosco la risposta, ma solo pensare che ci si deve affidare al "buon senso" di chi dice che non si possono spendere più di mille euro in contanti mi fa venire i brividi... :UH:

    Per me dieci orologi venduti all'anno sono "anomali", per altri lo possono essere venti, per altri tre.
    Temo che con il "buon senso" non si vada molto lontano... :wacko:
     
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    Non vi è un valore preciso al di sopra del quale l'esercizio di una normale attività di compravendita o scambio tra collezionisti si configuri come attività professionale, però si può stabilire una certa ragionevole correlazione tra i valori in gioco e patrimonio personale e redditi. Laddove il tuo amico vivesse in affitto e guadagnasse tremila euro al mese, la compravendita di molteplici orologi da ennemila euro per un valore delle transazioni di molto superiore alle proprie teoriche capacità di spesa risulterebbe quantomeno sospetto e passibile di essere interpretato da ade come attività professionale...
    Certo che se il tuo amico è un abbiente rentier con la passione per gli orologi che si diletta a scambiarsi i Patek con gli amici non vi sono particolari motivi per presumere che questa costituisca un'attività lavorativa (non che questo lo ponga al riparo dai zelanti mastini di ade, anzi).
    Sulla base della mia esperienza personale comunque mi sentirei di dire al tuo amico che, in quanto collezionista, non corre nessun rischio di incorrere in sistematiche plusvalenze finanziarie, semmai rischierà di dover spiegare ad ade dove ha trovato le risorse per i continui esborsi! :D
     
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    "I beni mobili, per altro, non sono neanche soggetti a denuncia in dichiarazione di successione"

    Permane l'eventuale opportunità di inventariarli/periziarli nel caso il loro valore fosse inferiore al 10% del relictum per evitare la presunzione da parte dell' AdE

    (http://www.fiscooggi.it/giurisprudenza/art...solo-se-non-dic)
     
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    Non conosco, sono curioso di sapere
     
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    Ma quando parlate di Ade vi riferite al dio degli inferi?!
     
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    Grazie a tutti per le risposte finora pervenute,
    in sintesi il buon senso necessariamente deve essere correlato alle proprie capacità economiche.
    Purtroppo il caso del mio amico è border line perchè la collezione supera probabilmente i 100 pezzi di pregio e il suo lavoro (che ha risentito della crisi) è lontano da questi volumi.
    Consiglierò di limitare gli acquisti/vendite a qualche pezzo per anno.
    Purtroppo si è appassionato e vorrebbe fare come con le figurine vendendo ciò che non gli piace e acquistando ciò che gli garba.

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    CITAZIONE (leorossi @ 23/12/2014, 08:39) 
    Ma quando parlate di Ade vi riferite al dio degli inferi?!

    no molto peggio
     
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    In questo paese stare alle regole, stante la loro contradditorietà e l'esstrema discrezionalità concessa a chi le deve far rispettare, non è possibile.
    Nonostante la buona volontà del cittadino.

    Perciò la regola per lo stesso deve essere quella di evitare di incappare nelle maglie della giustizia civile, penale.....e fiscale.
    Quindi per non avere problemi il mio stimatissimo commercialista consiglia di agire in modo "subacqueo" in modo da evitare che cerbero si svegli.

    "Se non volete che le mura di Gerico crollino.......evitate di suonare le trombe"
    Ma se proprio siete affetti dalla sindrome di Stoccolma....vorrà dire che "male che vuole non duole"

    A buon intenditore.....
     
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37 replies since 22/12/2014, 23:16   780 views
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